Vigario Geral (1993). Baixada (2005), Fallete/Prazeres (2019), Vila Ibirapitanga (2020), Complexo do Alemão (2020). L’operazione con utilizzo anche di elicotteri in cui giovedì 6 maggio 27 uomini sono stati massacrati dalla polizia carioca e un poliziotto civile ha perso la vita, definita come la più letale della storia di Rio de Janeiro, si aggiunge a una già triste lista.

Madri, sorelle e mogli raccontano di uomini feriti e poi freddati con armi da fuoco o pugnalati, anche in casa, di corpi sparsi per i vicoli della comunità. Gli abitanti denunciano più morti rispetto alle cifre ufficiali, invasioni di domicilio, telefoni confiscati, umilianti abusi di potere ed esecuzioni sommarie. I corpi trasportati come pezzi di carne da macello nei sacchi improvvisati.

È LA STRAGE DEL JACAREZINHO. «Da stamattina riceviamo informazioni sulle morti nella favela do Jacaré. Spari, terrore, persone intrappolate dentro casa, senza respirare con le bombe, con il gas, con il virus», dice il post di Thainã de Medeiros attivista del collettivo Papo Reto del Complexo do Alemão, che utilizza telefoni e social media per documentare e denunciare abusi da parte della polizia e contrastare l’impunità della narrazione che segue queste azioni. «Colpiti in treno, in metropolitana, giovani buttati a terra, vicoli pieni di sangue – prosegue il post -. Muoiono i residenti, muoiono i poliziotti, muoiono tutti, chi ci guadagna? Abbiamo bisogno che il governo dello stato di Rio e i capi della polizia rispettino l’Adpf delle favelas».

L’Adpf delle favelas vieta per ordine della Corte suprema federale (Stf) l’utilizzo di elicotteri corazzati, i raid nei perimetri scolastici e ospedalieri, la rimozione indebita dei corpi; definisce inoltre, nel periodo di pandemia, la sospensione delle operazioni se non sotto autorizzazione dell’Stf e solo in casi estremi.

LE AUTORITÀ NEGANO che ci siano state «esecuzioni» se non quella dell’agente ucciso da un colpo alla testa. La Polizia civile sostiene di aver compiuto un’operazione contro la criminalità organizzata «nel pieno rispetto della legge, comunicata prima al Pubblico ministero, come stabilito dalla legge».

Il massacro avviene il giorno dopo l’incontro a porte chiuse del presidente Bolsonaro con il governatore dello stato di RJ Claudio Castro. Non c’è come non pensare agli “incontri” di Bolsonaro e figli che hanno preceduto l’esecuzione di Marielle Franco.

I GIOVANI GIUSTIZIATI sono legati al traffico di droga, la maggior parte “soldati” destinati alla difesa del territorio. Nessuno di loro è neppure riuscito ad arrivare ad una cella, meno che meno a un interrogatorio, ma, secondo il delegato di polizia Rodrigo Oliviera, è «l’attivismo giudiziario» a dover essere denunciato perché ostacolail lavoro della polizia.

Il rapporto A cor da violência policial: a bala não erra o alvo (Il colore della violenza della polizia: il proiettile non manca il bersaglio) redatto dall’ Observatórios da Segurança/CESeC a dicembre del 2020, ha dimostrato che i neri sono il 75% dei morti per mano della polizia.

Mentre il tasso complessivo di omicidi in Brasile è di 28 persone ogni 100 mila abitanti, tra gli afrodiscendenti che hanno da 19 a 24 anni il numero sale a oltre 200. Cifre che il governo Bolsonaro ha aggravato, portando il numero dei morti nelle operazioni della polizia ad aumentare del 92% nel 2019.

GIOVEDI E VENERDÌ immediatamente un gruppo di madri si sono riversate per le strade del Jacarezinho per gridare che la favela vuole vivere e che lo stato genocida e razzista deve essere ritenuto responsabile di questo, ancora una volta concretizzando lo slogan Na favela luto é luta (nella favela lutto é lotta). Domenica,invece, mentre il mondo festeggiava il giorno della mamma, hanno seppellito i loro figli.

 

I funerali di una delle 27 vittime del raid alla favela do Jacaré (Ap)

 

Ora, dopo numerosi atti di solidarietà con la favela del Jacarezinho, la Coalizão Negra Por Direitos chiede un’adesione massiccia all’atto nazionale fissato per il 13 maggio. Data in cui nel 1988 il varo della Legge Aurea pose fine alla schiavitù in Brasile. Con le centinaia di movimenti, gruppi e attivisti da tutto il paese che si stanno sommando in questo momento di protesta è stata redatto la denuncia della mattanza avvenuta giovedì nella favela de Jacareizinho, chiedendo la solidarietà del mondo per fermare questo «genocidio».

 

 

I NUMERI DEI MORTI per mano della polizia di giovani neri in Brasile, così come nel mondo, attribuiscono un senso vivo (o morto) a corpi che concetti teorici nella bocca di accademici cancellano. Che siano la bio-thanato-politica di Foucault o la necropolitica di Mbembe. Documentari come quello diretto da Natasha Neri e Lula Carvalho – Auto de Resistência – affrontano questo “diritto” di uccidere che lo Stato concede alle forze di polizia, le cui vittime sono la popolazione giovane e nera della periferia, senza lasciare spazio alla speculazione teorica.

Come dice Pedro Paulo Santos Silva, ricercatore del Centro di studi sulla sicurezza pubblica e la cittadinanza di Rio: «È sterminio, non c’è altro modo per descriverlo» Così le immagini di Joel Luiz Costa, un avvocato e attivista nato a Jacarezinho, non lasciano la possibilità di non vedere come vengono giustiziati giovani abitanti delle favelas di Rio de Janeiro presunti colpevoli perché nati neri e poveri. Almeno che non si decida di non voler vedere.

 

In Brasile si moltiplicano le associazioni di famigliari delle vittime della violenza di Stato, sul modello delle Madres de Plaza de Mayo argentine. Tra le realtà più attive ci sono le Mães de Manguinhos, la Rede de Comunidades e Movimentos contra a Violência, che non per caso sceglie la settimana della festa della mamma per organizzare ogni anno diverse mobilitazioni contro il genocidio dei giovani neri, le Mães Vitimas da Chacina da Baixada, Mães de Maio, le Mães De Maio Do Nordeste, le Mães de Maio Da Leste, il Nucleo De Mães Vitimas Do Estado, le Mães do Curió Lutam por Justiça, le Mães do Xingu, le Mães de Maio do Cerrado do Luto a Luta, l’associazione Amparar , le Mães em Luto da Zona leste, la Rede Nacional de Mães e Familiares de Vítimas do Terrorismo do Estado… Tutte associazioni che denunciano la violenza di stato e si impegnano ad accogliere i parenti delle vittime.

SONO MOLTE, A TESTIMONIANZA della dimensione della tragedia. Fanno pensare alla frase della giornalista, attivista e femminista nera Juliana Borges: «Uma mulher negra feliz é um ato revolucionario» (una donna nera felice è un atto rivoluzionario). E al lavoro dell’artista Mônica Ventura “Luz Negra” (2020), che la riproduce.

La cinica nota del Ministero pubblico afferma: «La Polizia Civile ha evidenziato quale giustificativa per l’urgenza e l’eccezionalità di portare a termine l’operazione: l’estrema violenza imposta dall’organizzazione criminale; la pratica ripetuta del traffico di droga; la pratica di omicidi, con costante violazione dei diritti fondamentali di bambini e adolescenti e altri residenti che vivono in queste comunità».

 

foto Luiz Baltar