Settantuno trattamenti medici in meno di tre giorni. Una catena di montaggio di fisioterapisti su muscoli e tendini dei calciatori. La denuncia arriva da Pep Guardiola, che ha raccontato del surplus di lavoro per i medici e il personale sanitario del Manchester City tra la gara di ritorno dei quarti di finale di Champions League e l’impegno (perduto) con il Liverpool in semifinale di FA Cup. Settantuno interventi, calciatori trattati anche più volte. Un altro segnale, se non fossero stati chiari quelli precedenti, che il calendario del calcio internazionale va assolutamente rivisto. In poche parole, ridotto. Gli atleti sono infatti tirati al massimo, compressi da una liturgia che consuma corpo e cervello: allenamenti, fisioterapia, viaggi, gare, ritorno a casa, il tempo di un allenamento, poi sessioni video e sotto con un’altra partita.

IL GRIDO D’ALLARME dell’allenatore del Manchester City, assai critico con Fifa e Uefa da anni, va a toccare il calendario fitto predisposto dagli organi di governo del calcio britannico. Uno studio recente, Howden European Football Injury Index, basato sul rapporto tra salari degli atleti e minuti non giocati, ha quantificato in 90 milioni di sterline (ben oltre 100 milioni di euro) il danno per i club di Premier League derivante dagli infortuni dei calciatori. Secondo l’indagine, con dati fino a marzo, in Europa al Bayern Monaco sono toccati più infortunati, 60, poi c’è il Chelsea a 55 e la Juventus a 54 indisponibili per infortuni. In Serie A si conta la più alta percentuale (il 49% del totale), di infortuni muscolari.

SUL CONTO degli infortunati si è messa anche la pandemia: più della terza parte del danno economico per i club è dovuta alle diagnosi da Covid-19 per gli atleti. Sempre lo studio inoltre sottolinea come a settembre, sia per la Premier League, che per gli altri principali campionati europei si sia verificata la più alta concentrazione di infortunati. Insomma, i numeri certificano le tesi proposte da più anni da calciatori, allenatori. Mentre dirigenti, proprietari di club e istituzioni del pallone sono più restie all’ascolto: il calendario fitto di impegni, tra coppe europee, tornei nazionali, coppe nazionali e le partite delle rispettive nazionali, mette seriamente a rischio la salute degli atleti, che guadagnano bene, impongono la loro forza contrattuale sugli ingaggi, senza ingaggiare la vera battaglia da sostenere, ovvero un calendario più equilibrato. Meno infortuni, meno stress fisico, più qualità. Ma l’equazione non pare scaldare più di tanto l’Uefa, per esempio, impegnata a polemizzare ancora con i tre colossi – Barcellona, Real Madrid, Juventus – che hanno fondato la Superlega, poi svanita in 48 ore.