«Tregua di un mese e negoziato». Il ministro dell’Informazione pachistano, Fawad Chaudhry, lo annuncia parlando alla televisione nazionale. Il portavoce dei Talebani pachistani, Muhammad Khurasani, lo conferma sui social. Il Tehreek-e-Taliban Pakistan e il governo di Islamabad negoziano per porre fine al conflitto. A mediare sono i Talebani, dicono entrambi. Ma il portavoce dell’Emirato islamico, Zabihullah Mujahed, sostiene di non saperne nulla. Nessun coinvolgimento ufficiale da parte del nuovo di governo di fatto afghano. Se qualcuno ha negoziato, lo ha fatto a livello locale.

UNA STOCCATA ALL’UOMO che vuole fare la scalata al potere dei Talebani, Sirajuddin Haqqani, a capo dell’omonima rete che gli Stati uniti includono tra le organizzazioni terroristiche globali e sul quale c’è una ricompensa da 10 milioni di dollari. Ministro dell’Interno del governo dei Talebani, il controllo di altri ministeri chiave e molti uomini, Sirajuddin media con Islamabad, per accreditarsi in ambito regionale. Dopo la spallata militare che il 15 agosto ha portato alla conquista di Kabul, in anticipo rispetto a quanto concordato dalla leadership del Sud, ora l’offensiva diplomatica sul confine Afghanistan/Pakistan, quello su cui suo padre, Jalaluddin ha fondato un impero del terrore, hub dell’islamismo armato regionale.

È COMINCIATA IL 9 NOVEMBRE e durerà un mese la tregua tra i militanti del TTP e il governo del primo ministro Imran Khan, che alcune settimane fa aveva annunciato l’inizio dei primi colloqui con i militanti, dal 2007 spina nel fianco di ogni governo. Per il ministro dell’Informazione Fawad Chaudhry il negoziato è in linea con la Costituzione. Il governo offre un’opportunità a quelle fazioni del TTP che non sono direttamente coinvolte nel terrorismo e che intendano rispettare la legge. Per gli altri, mano pesante.

DISTINGUERE BUONI E CATTIVI jihadisti è una strategia che Islamabad ha già adottato in passato. Con esiti infausti. Serve anche a far digerire un negoziato che non piace a tutti. I Talebani pachistani sono responsabili di stragi, con decine e centinaia di vittime civili. Proprio ieri il primo ministro Imran Khan si è dovuto presentare alla Corte Suprema, che gli ha chiesto conto delle azioni adottate per fare chiarezza sulle falle nella sicurezza che nel 2014 hanno permesso la strage del TTP in una scuola militare di Peshawar: 140 vittime, di cui 132 bambini. Quattro settimane di tempo per presentare i risultati dell’inchiesta, per cui potrebbero essere sacrificati un paio di funzionari di medio livello degli Interni.

Per Imran Khan, l’Afghanistan è ancora instabile e passare attraverso i Talebani può servire a contenere il jihadismo: da agosto, quando i Talebani hanno preso il potere a Kabul, ha sostenuto il primo ministro alla Corte suprema, militanti dello Stato islamico, del TTP e separatisti beluchi sarebbero entrati sul territorio pachistano. Meglio dialogare che avere altri problemi. Nel caso i negoziati andassero bene, la tregua verrà prolungata. In passato simili tentativi sono falliti, ma stavolta al potere in Afghanistan ci sono i Talebani, “cugini” e ispiratori del TTP, con rapporti consolidati con Islamabad.

IL PORTAVOCE DELL’EMIRATO, Zabihullah Mujahed, dice che il governo ufficialmente non sta negoziando. La palla infatti è nelle mani di Sirajuddin Haqqani, che gioca una partita cruciale. Vuole accreditarsi a livello regionale per imporsi come leader dell’Emirato, ci spiega Antonio Giustozzi, autorevole studioso dell’area. Ma è anche voce diffusa, a Kabul, Mazar-e-Sharif e qui a Ghazni, dove siamo arrivati ieri: molti insistono sulla spaccatura crescente tra i Talebani del Sud, di Kandahar, e quelli dell’est, gli Haqqani.

 

La “foto segnaletica” di Sirajuddin Haqqani al Senato statunitense (Ap)

 

Il gioco di Sirajuddin Haqqani è ambizioso. Convincere le capitali regionali che è l’uomo su cui puntare. Conosce i jihadisti e sa come convincerli o condizionarne le attività. Se riuscisse a convincere il TTP a deporre le armi, farebbe un bel favore a Islamabad e a Imran Khan. Che in cambio sponsorizzerebbe a livello regionale l’opa di Haqqani sul nuovo governo talebano. Pechino potrebbe non dispiacersi. Mosca sarebbe più riluttante, ma senza pregiudiziali. Più difficile convincere Tehran, che non si fida.

L’OPZIONE SIRAJUDDIN piglia-tutto fa tremare gli afghani. Viene temuta da Europa e Stati Uniti. Con i quali Sirajuddin non vuole rapporti. C’è chi legge alcuni omicidi recenti – incluso quello dell’attivista Frozan Safi a Mazar-e-Sharif – come parte della strategia di ascesa di Sirajuddin. Fuori, mediatore. Dentro, stratega di una campagna volta a compromettere qualunque avvicinamento diplomatico tra l’Emirato e il blocco euro-atlantico. Se i Talebani fanno i buoni e trovano un’intesa sul contro-terrorismo con l’Occidente, Haqqani rischia di perdere influenza e potere, di indebolirsi. Ora invece “Khalifa Saheb” è il dominus della partita.