Del maestro Zen Thich Nhat Hanh, morto a 95 anni venerdi notte nel tempio di Tu Hieu e Hue, nel centro del Vietnam, si è detto che fu proprio il suo insegnamento sul rifiuto della guerra a influenzare Martin Luther King quando il leader religioso americano lottava per i diritti dei neri. Il rifiuto della guerra doveva rientrare nella battaglia di civiltà che il religioso battista ucciso nel 1968 stava portando avanti. Erano infatti i tempi del conflitto in Vietnam e Thich Nhat Hanh, che era già un monaco Zen popolare, venne espulso dal regime filoamericano del Sud guidato da Nguyễn Văn Thiệu proprio per la sua opposizione alla guerra.

Il suo esilio durerà 40 anni perché anche il Vietnam riunificato lo terrà alla larga. Sino al 2018, quando torna nel Paese ormai noto per il suo “buddismo impegnato”, una strada della consapevolezza che, nelle parole di King che lo candidò al Nobel, ne aveva fatto un “apostolo della pace e della non violenza”. Autore di un centinaio di libri, ha fondato nove monasteri e dozzine di centri di pratica affiliati e ispirato la creazione di migliaia di comunità locali. La sua autorevolezza nel mondo buddista è considerata seconda solo a quella del leader tibetano Tenzin Gyatso, il 14esimo Dalai Lama.