Un ministro della Giustizia di fronte ai giudici, processato in tribunale. È il caso di Eric Dupont-Moretti, ministro in carica del governo Borne, da ieri e fino al 14 novembre, deve rispondere di fronte alla Corte di Giustizia della Repubblica dell’accusa di «conflitto di interessi» in due casi specifici, tutti legati alla sua attività di avvocato penalista, professione esercitata prima di essere nominato a Place Vendôme.

È un processo pieno di specificità e anomalie: è la prima volta che in Francia viene portato a giudizio un ministro in carica (nel passato, negli 8 processi di ministri che si sono svolti di fronte dalla Corte di Giustizia della Repubblica, si erano tutti dimessi precedentemente). Inoltre, la Corte di Giustizia della Repubblica, giurisdizione d’eccezione riservata ai ministri creata nel 1993, è un’istituzione contestata.

È un processo che, in filigrana, mette in scena rivalità e tensioni tra gli avvocati e la magistratura: nei due casi in questione, Eric Dupont-Moretti è sospettato di essersi “vendicato” contro dei magistrati con cui aveva avuto a che fare quando era un famoso avvocato penalista, soprannominato “Acquittator” (da acquitter, assolvere). Nel primo caso, il ministero della Giustizia ha avviato un’inchiesta sui 3 magistrati che avevano ordinato il sequestro dei tabulati telefonici di alcuni avvocati, tra cui Dupont-Moretti, per scoprire da dove era fuoriuscita l’informazione che i telefoni privati dell’ex presidente, Nicolas Sarkozy, e del suo difensore, Thierry Herzog, erano spiati dalla giustizia nel caso “Bismuth”.

Nel secondo caso, c’è stata un’inchiesta dell’amministrazione del ministero con licenziamento del giudice francese che, a Montecarlo, aveva messo sotto accusa un miliardario russo, Dmitri Rybolovov, e un poliziotto, entrambi clienti dell’avvocato Dupont-Moretti.

«Questo processo è un’infamia», ha esordito ieri il ministro Dupont-Moretti. L’ex avvocato si difende: non ho fatto altro che seguire le indicazioni della mia amministrazione e questa causa serve solo a «ledere la reputazione di un ex avvocato» con l’obiettivo di dimostrarne «l’illegittimità» come ministro.

La prima ministra, Elisabeth Borne, che avrebbe preferito che Dupont-Moretti si dimettesse prima delle udienze, ancora ieri ha rinnovato la “fiducia” nel ministro. Accolto con enorme sospetto dai magistrati, che non hanno apprezzato di essere diretti da un avvocato, Dupont-Moretti ha aumentato considerevolmente il budget della giustizia e sono in corso numerose assunzioni nei tribunali.

Il ministro, se condannato, dovrà dimettersi e rischia fino a 5 anni di carcere, un lungo periodo di ineleggibilità e 500mila euro di multa. La Corte di Giustizia della Repubblica è un tribunale speciale riservato ai ministri, composto da 3 magistrati togati e da 12 parlamentari (6 senatori, 6 dell’Assemblée nationale). Ci sono 4 parlamentari della maggioranza di Macron, 5 di Lr (destra) e uno ciascuno per Ps, France Insoumise e Rassemblement national. Nel passato, le sentenze sono sempre state molto accomodanti (4 assoluzioni, 5 condanne con la condizionale, 2 esenzioni di pena), anche perché i politici sono giudicati dai loro pari, un’anomalia. La Corte è presieduta dal Procuratore generale della Corte di Cassazione, Rémy Heitz, in carica da poco.

Al processo sono chiamati 22 testimoni, tra cui l’ex primo ministro, Jean Castex, la ministra della Giustizia che ha preceduto l’imputato, Nicole Beloubet, e l’ex Procuratore generale della Corte di Cassazione, François Molins (diventato famoso per le conferenze stampa all’epoca degli attentati islamisti del 2015 e 2016). Dupont-Moretti accusa Molins di ambiguità, sostiene che l’ex Procuratore avrebbe spinto l’amministrazione giudiziaria ad aprire delle indagini sui magistrati, per poi nascondere la mano, un modo d’agire dettato dall’invidia: Molins avrebbe voluto diventare lui ministro della Giustizia, sospetta ad alta voce Dupont-Moretti.