Nove mesi di negoziazioni e nessun cambiamento di sostanza. Dopo le elezioni di marzo, finalmente i Paesi Bassi stanno per avere un governo nuovo, ma molto simile a quello che lo ha preceduto. Avrà lo stesso premier delle scorse tre legislature, il liberale Mark Rutte, e gli stessi partiti degli ultimi quattro anni: il liberale Vvd, il progressista D66, il cristiano-democratico Cda, il conservatore Cu.

L’intesa tra loro è stata presentata ieri alla Tweede Kamer, la camera bassa olandese, l’unica dove il nuovo esecutivo può contare sulla maggioranza assoluta, seppur risicata, dei seggi. Discorso diverso alla Eerste Kamer, il senato, dove i quattro partiti saranno costretti a cercare accordi con le forze minori sui singoli provvedimenti.

A inizio settimana le quattro forze politiche hanno annunciato di aver trovato un accordo di governo su una serie di misure in grado di soddisfare le ambizioni delle varie anime della maggioranza: introduzione di un pedaggio autostradale, sostegno alla ricerca nel nucleare, investimenti importanti per affrontare la questione abitativa e contrastare il cambiamento climatico.

Misure che sulla carta sembrano accontentare forze politiche che, dopo aver governato insieme negli scorsi quattro anni, sono uscite con un peso specifico diverso dalle elezioni politiche di marzo, seguite alle dimissioni del terzo governo Rutte investito dallo scandalo di una malagestione, discriminatoria, dei sussidi per l’infanzia.

Il liberale Vvd è stato il partito più votato (22% dei voti e 34 seggi) anche se l’incremento più consistente di voti ha premiato l’alleato progressista D66, che ha visto crescere la sua pattuglia parlamentare da 19 a 24 deputati (15%): il suo miglior risultato di sempre.

La sua leader, Sigrid Kaag, diplomatica delle Nazioni Unite in Medio Oriente ed ex ministra degli esteri dimessasi dopo la crisi afghana in estate, è stata salutata come la sorpresa della tornata elettorale di marzo, capace di dare una svolta alla politica olandese.

Alla fine, dopo i primi tentativi, però, anche lei e il suo partito hanno dovuto fare i conti con la realpolitik e arrendersi alle costrizioni del sistema olandese: la sua proposta di un governo aperto a sinistra con il supporto del rosso-verde GroenLinks e del socialdemocratico PvdA è naufragata per l’indisponibilità del partner liberale e democristiano.

Ora la palla è di nuovo in mano a Mark Rutte, in carica ininterrottamente dal 2010 e confermato al suo quarto mandato da premier, nonostante una criticata gestione della pandemia negli ultimi mesi, che nei prossimi giorni dovrà presentare il suo governo.

Secondo le indiscrezioni, avrà ben 20 ministri e 10 sottosegretari, in modo tale da dare spazio alle varie anime della maggioranza che avranno qualche difficoltà in più a trovare la quadra sui temi etici, delle migrazioni e delle droghe.