«La sospensione del Comitato olimpico russo viene automaticamente revocata con effetto immediato», ha annunciato ufficialmente ieri il Comitato olimpico internazionale (Cio) in una nota.

IL CIO HA DECISO COSÌ di riammettere la Federazione Russa nel consesso delle squadre nazionali olimpiche. La decisione giunge a pochi giorni dalla chiusura dei giochi olimpici invernali di Pyeongchang.

Il Comitato aveva già preannunciato domenica scorsa la revoca in quanto «non si sarebbero più avute violazioni dell’anti-doping da parte di atleti russi durante i giochi».

In realtà alcuni atleti russi sono risultati positivi ai test post gara anche in Corea del Sud. Si tratta di Nadezhda Sergeeva, una delle due russe vincitrici dell’argento nella gara del «bob a 2»e di Alexander Krushelnitsky atleta di curling, vincitore di una medaglia di bronzo.
Il Comitato internazionale deve aver ritenuto comunque che i due casi non abbiano avuto un carattere doloso in quanto le sostanze proibite usate non determinerebbero un miglioramento delle prestazioni atletiche, oltre a non essere violazioni su scala generale.

AI GIOCHI COREANI avevano partecipato «senza bandiera» 168 atleti russi, conquistando 17 medaglie di cui due d’oro. Il «doping-gate», che aveva condotto alla sospensione del Comitato olimpico russo lo scorso 5 dicembre, era assurto alle cronache nel 2014 ancor prima che si spegnesse il braciere della precedente edizione dei giochi a Soci. Secondo alcune inchieste prima giornalistiche e poi di commissioni preposte dal Cio, 45 atleti russi avevano fatto uso durante quelle gare di sostanze dopanti.

IL COMITATO AVEVA in seguito deciso di privare questi atleti dei risultati ottenuti in quella occasione e di escluderli a vita dalla partecipazioni a manifestazioni internazionali. Una decisione che era stata lungamente contestata dai dirigenti federali russi.

Tuttavia, a sorpresa, il primo febbraio scorso il Tribunale arbitrale sportivo di Losanna aveva mandato assolti tutti gli atleti russi per i presunti casi di doping del 2014, anche se poi non erano stati riammessi alle competizioni.

Soddisfazione per la conclusione positiva della lunga vicenda è stata espressa dal presidente del comitato olimpico russo Alexader Zukov, ma le polemiche non sono destinate comunque a spegnersi tanto presto. Sia il governo sia l’opinione pubblica russe avevano colto nel bando della squadra ufficiale russa ai giochi in Corea del Sud una chiaro attacco politico e diplomatico contro il loro Paese, un ulteriore strumento per emarginare la Russia dalla comunità internazionale.
In particolare il ministro degli esteri russo Sergey Lavrov aveva sostenuto che si fosse trattato di uno dei tanti modi per punire la Russia e ostacolare il suo sviluppo socio-economico.

«ALLO SCOPO DI PUNIRCI – aveva affermato il ministro – si sta utilizzando un’ampia gamma di strumenti…compreso il tentativo di discreditare i nostri atleti olimpici senza presentare nessuna prova concreta».

E in molte città russe c’erano state persino grandi manifestazioni pubbliche a sostegno degli atleti russi intitolate «Russia nel mio cuore». Malgrado la decisione di ieri gli atleti russi saranno costretti comunque a partecipare alle paralimpiadi invernali (che si terranno sempre in Corea del Sud) del prossimo marzo ancora a titolo individuale e «senza bandiera e inno».
Una misura che sicuramente provocherà ancora polemiche.