A dieci anni esatti dalla Rivoluzione dei gelsomini, la Tunisia è un puzzle scomposto in migliaia di pezzi che le forze politiche non sono mai riuscite a comporre. I tasselli chiari e ben definiti che raffiguravano le rivendicazioni civili e sociali del popolo tunisino si sono persi con il tempo e ora il governo si trova a fare i conti con la collera delle piazze.

Nonostante il rafforzamento del processo democratico dopo la fuga del presidente autoritario Ben Ali, le proteste non si sono mai fermate. Nelle città di Jendouba, Kairouan, Gabes e nella capitale, attorno a place de la Kasbah che è stata il fulcro della rivoluzione tunisina, hanno coinvolto categorie come medici, giudici e laureati.

LO SPAZIO PER LE RIVENDICAZIONI è ampio. A testimoniarlo c’è Soufien Khaldi, professore di inglese e uno dei 50mila laureati disoccupati tunisini. «Abbiamo tutti una laurea e una buona formazione – racconta mentre si tira su la mascherina -. Siamo venuti da tutti i governatorati del Paese per obbligare il governo a firmare la legge parlamentare sulla disoccupazione».

I GIORNI DELLA RIVOLUZIONE sono lontani ma la situazione agli occhi dei manifestanti è chiarissima: «Quando abbiamo fatto la rivoluzione eravamo giovani, ci avevano detto di pazientare, che avremmo avuto un lavoro, ma erano tutte bugie» conclude il giovane professore prima di tornare dai suoi compagni.

La disoccupazione giovanile ha raggiunto il 36,6%, il livello più alto dal 2013 a oggi. A dieci anni dall’immolazione di Mohamed Bouazizi la Tunisia è attanagliata dalla crisi economica, sociale e sanitaria. Al Covid-19 si aggiunge lo stato precario di una sanità in ginocchio.

A inizio dicembre il crollo di un ascensore in un ospedale di Jendouba ha causato la morte di Badreddine Aloui. La scomparsa del giovane medico, 26enne, ha dato il via a diverse «giornate della collera» che hanno toccato l’apice il 9 dicembre scorso a Tunisi. «Per deontologia noi medici subiamo e lavoriamo. Non chiediamo niente, ma questo caso ci ha costretti a intervenire e a dire “basta, adesso ci fermiamo”», denuncia al manifesto Slim Ben Salah, presidente dell’Ordine Nazionale dei medici. «Purtroppo la situazione degli ospedali peggiora di settimana in settimana, a questo si somma la corruzione legata all’acquisto di materiale sanitario», conclude.

LE RIFORME STRUTTURALI che interessano la Tunisia non sono mai state portate avanti. Da un lato c’è la società civile che chiede l’istituzione di una corte costituzionale, la modifica del codice penale e la diminuzione delle disuguaglianze tra le città dell’entroterra e quelle della costa. Dall’altro si sono succeduti sette governi da quando il 14 gennaio del 2011 il regime di Ben Ali è caduto, segno di una politica incapace di inquadrare la Tunisia sul lungo periodo.

La narrazione di una democrazia come modello per il mondo arabo non basta, la popolazione chiede con forza maggiori diritti sociali ed economici. E non sorprende che il Parti Destourien Libre di Abir Moussi, apertamente ispirato al vecchio regime, sia in cima ai sondaggi.

La delusione e le rivendicazioni continuano, ma oggi la Tunisia è pronta per celebrare Mohamed Bouazizi e i martiri della Rivoluzione.