Quattro mesi fa, il 6 ottobre 2023, Ousmane Sylla aveva interrotto il consiglio comunale di Cassino per «denunciare la violenza di cui si dichiarava vittima». La citazione viene dalla relazione psicosociale della dottoressa del Centro di permanenza per i rimpatri (Cpr) di Trapani, dove il ragazzo era stato rinchiuso prima del trasferimento nell’analoga struttura di Ponte Galeria. Lì domenica scorsa si è impiccato.

«Non era violento o aggressivo, ma terrorizzato. Ha raccontato che dentro la comunità dove risiedeva veniva picchiato. Noi ovviamente non abbiamo potuto verificarlo», afferma l’avvocata Laura Borraccio, consigliera di minoranza. È stata lei a tradurre le parole del ragazzo, che parlava solo francese, e veniva da una piccola struttura di accoglienza di Sant’Angelo in Theodice, frazione di Cassino. Una casa famiglia aperta ad aprile 2023 e chiusa di recente per irregolarità riscontrate dall’Azienda sanitaria locale. Una struttura dalla dubbia gestione finita al centro di denunce e lamentele incrociate: dei vicini e dei migranti.

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«Il ragazzo non era in capo al comune di Cassino. Era arrivato dalla Liguria poco tempo prima dell’episodio in consiglio», dice il sindaco dem Enzo Salera. Conferma che Sylla parlava di violenze subite nel centro e sottolinea che presentava segni di disturbo psicologico. Cosa è successo dopo l’interruzione del consiglio non è del tutto chiaro. Calmato e affidato alla polizia locale pare che Sylla si sia dileguato ritornando nella struttura di accoglienza. Probabilmente le autorità hanno sporto denuncia. Borraccio racconta di averlo visto una seconda volta nella sede comunale, con in mano un cartello scritto in italiano in cui diceva di voler lasciare la comunità. Salera afferma invece di essere stato avvisato dal commissariato che a seguito di accertamenti era venuto fuori che il ragazzo non era minorenne e dunque non poteva stare nella casa famiglia destinata agli under 18.

È in questo contesto che Sylla avrebbe ricevuto un decreto di espulsione. Se il permesso di soggiorno era scaduto, però, come aveva fatto a entrare in quel centro di accoglienza? Perché la sua età non era stata verificata prima? E soprattutto: perché dal basso Lazio è stato mandato in un Cpr della Sicilia occidentale?

Ricevere un ordine di allontanamento dal territorio nazionale è molto più comune che finire dietro le sbarre di uno dei nove centri di detenzione italiani. Soprattutto per chi viene dalla Guinea, paese in cui non si può essere rimpatriati visto che manca un accordo bilaterale. In tutto il 2022 sono stati solo 5 i cittadini di quel paese finiti nelle maglie della detenzione amministrativa, 18 nel 2021 e 13 nel 2020.

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Tra i punti chiave della vicenda, su cui indagano i pm che hanno aperto un’inchiesta per istigazione al suicidio, c’è poi la certificazione dell’idoneità al trattenimento che l’Azienda sanitaria provinciale di Trapani ha rilasciato dopo un parere di segno opposto della psicologa del Cpr siciliano. È quel documento che, verosimilmente, ha spalancato a Sylla le porte di Ponte Galeria, escludendo ulteriori verifiche.

Appena un giorno dopo il suicidio e la conseguente rivolta, la senatrice di Avs Ilaria Cucchi ha realizzato un’ispezione a sorpresa nella struttura, dopo la segnalazione del presunto pestaggio di un uomo. Lo ha incontrato lunedì prima di mezzanotte nella sezione cinque, in «evidente stato confusionale» e quasi nascosto sotto le coperte. Sul volto, unica parte del corpo visibile, non c’erano segni evidenti di contusione. Gli agenti, però, hanno ammesso di aver usato la forza perché il migrante non voleva tornare nella sezione. La senatrice ha presentato un esposto in procura, il secondo in pochi mesi, anche per denunciare le condizioni generali del centro: tanta sporcizia, poca dignità.

Oggi alle 15.30 nella piazza romana di Santi Apostoli si terrà un presidio per chiedere la chiusura del Cpr.