Quello che si tiene ogni anno a Wrocław – nota in italiano con il nome di Breslavia, città cardine della Bassa Slesia attraversata dal fiume Oder, affascinante centro che offre l’impressione, anche a chi la frequenta per pochi giorni, di luogo ben vivibile e di vivace aggregazione culturale – è un festival, chiamato Nowe Horyzonty (New Horizons, iniziato il 21 luglio, termina domani), che propone un’ampia panoramica della produzione cinematografica internazionale recente (compresa una finestra sul sorprendente e talentuoso cinema del Kosovo) e ottimi sguardi sul passato, da Jonas Mekas a Agnieszka Holland, da Agatha et les lectures illimitées (1981) di Marguerite Duras a Children of Nature (1991) di una delle figure faro del cinema islandese, Friðrik Þór Friðriksson. E per gli addetti ai lavori stranieri il festival si pone come osservatorio della nuova produzione polacca e, al contempo, come «assaggio» (grazie alla visione dei primi materiali disponibili) di film in fase di completamento.

NELLA POLONIA guidata da un governo di destra che ha espresso il peggio di sé con la repressione dei migranti mediorientali provenienti dalla Bielorussia (nella famigerata e impenetrabile «zona» al confine tra i due paesi – ma un gruppo di attivisti è riuscito a filmare lo scorso dicembre e sta ora lavorando a un film che racconta le giornate di quelle persone e che dovrebbe essere pronto per la primavera del prossimo anno) e dei diritti delle persone lgbt, il cinema diventa opportunità per raccontare senza pregiudizi questi e altri argomenti. Si pensi all’omosessualità presente in diversi film. Inserito nella sezione Special Screenings, Elephant (Słoń) è l’opera d’esordio di Kamil Krawczycki. Ambientato in un villaggio di campagna nel Sud della Polonia, Elephant ritrae una piccola comunità e alcuni personaggi che la abitano, descrive relazioni, conflitti, ipocrisie, complicità e si apre a uno sguardo di fiducia e di speranza. Al centro della narrazione ci sono due giovani uomini, il ventiduenne Bartek (che vive con la madre gestendo la fattoria di famiglia e lavorando in un pub; il padre li ha abbandonati da tempo; la sorella si è stabilita in Norvegia, ma tornerà scoprendosi incinta e essendo stata lasciata dal fidanzato) e il trentaduenne Dawid (che rientra in paese, dopo molti anni di assenza, alla morte del padre). Bartek e Dawid si conoscono, iniziano a frequentarsi, si innamorano, vanno in giro sui cavalli, si ritrovano nelle reciproche case, una notte Dawid porta Bartek in un locale lgbt dove la coppia rimane fino all’alba. E l’ostilità verso di loro inizia a circolare e a esprimersi con una violenza sia verbale sia fisica. Bisogna saper reagire, trovare aiuto in chi ti vuole bene e non giudica le tue scelte di vita. Elephant si inscrive in una certa visione poetico-realista percorsa da una dosata tensione, in una scrittura che accenna più che approfondire le situazioni messe in campo, in quadri ellittici che conducono a un epilogo nel segno del ri-inizio. In quel villaggio o altrove.
Boylesque è invece il ritratto di Andrzej Szwan, in arte Lulla la Polaca, ovvero la più anziana drag queen polacca. La regista Bogna Kowalczyk, al suo esordio nel lungometraggio, esula dal documentario convenzionale per seguire, con uno sguardo semplice e complice, naturalmente intimo, Andrzej soprattutto in momenti di vita privata anche se non mancano scene di sue performances. Eccoci dunque a conoscere una persona di 82 anni, senza trucco, che pensa alla morte con macabra ironia, prende il sole, cerca su internet una nuova e forse ultima avventura.

Al centro della narrazione ci sono due giovani uomini, il ventiduenne Bartek e il trentaduenne David

ANCHE IL PROMETTENTE (dalle scene che sono state mostrate in anteprima) e quasi terminato Norwegian Dream del polacco-norvegese Leiv Igor Devold tratterà due personaggi gay, entrambi diciannovenni, uno dei quali drag queen, in un film definito come «coming of age» che ha come set principale una fabbrica di pesce in Norvegia dove lavorano immigrati polacchi che inizieranno uno sciopero per ottenere una parità salariale negata. Da citare, infine, un’altra opera prima, Broys (Braty). In un bianconero «anni Ottanta» che, anche per le situazioni narrate, fa venire in mente Rusty il selvaggio di Francis Ford Coppola, Marcin Filipowicz focalizza il suo sguardo su un gruppo di adolescenti che ama trascorrere buona parte delle giornate su una pista di skate board. Ragazzi e ragazze che abitano un’area popolare, colti nella loro quotidianità definita da un’incessante necessità di movimento, contatto, scontro, dimostrazione di forza, attrazione sessuale. In particolare, Filipowicz dà rilievo alla storia di due fratelli dai caratteri opposti che devono trovare, come tutti, il loro posto nel mondo di fronte al rapporto con un padre, vedovo, anch’egli alla deriva e senza punti di riferimento.