«Il caporale Maxime Blasco – si legge nella nota dell’esercito francese diffusa ieri – è morto in azione, durante una ricognizione condotta contro un gruppo terroristico armato dalla Forza Barkhane nel Mali, nella regione di Gossi». Un’area, quella dei “tre confini” (Mali, Burkina Faso e Niger) dove, appena una settimana fa, le forze francesi hanno ucciso Adnan Abu Walid Al-Saharawi, leader dello Stato Islamico del Gran Sahara (Eigs).

L’agguato di venerdì potrebbe essere una risposta dei miliziani dell’Isis all’uccisione di al-Saharawi. E ieri a Bamako è stato imposto lo stato di «massima allerta a causa di possibili attentati jihadisti».

Sale così a 52 il numero dei soldati francesi uccisi nel Sahel dal 2013 nelle operazioni antijihadiste (Serval e poi Barkhane), mentre cresce la tensione tra Parigi e Bamako riguardo al possibile arrivo dei mercenari dell’agenzia russa Wagner.

La presenza dei contractor russi è stato il principale argomento di discussione nell’incontro di lunedì a Bamako tra il ministro della Difesa maliano, Sadio Camara e la sua omologa francese Florence Parly che nella conferenza stampa conclusiva ha ribadito «la volontà della Francia di non abbandonare il paese nella lotta al terrorismo», precisando, però, che «non è possibile nessuna convivenza tra un impegno francese in Mali e la presenza dei mercenari russi». Una conferma della volontà di Parigi di avviare dal nord del Mali il progressivo ritiro entro il 2022 degli oltre 5mila militari francesi della missione Barkhane, come annunciato in giugno da Macron, per inquadrarli nella missione a mandato europeo della “Forza Takuba”.

Nel suo discorso alla nazione, in occasione del 61° anniversario dell’Indipendenza di questo mercoledì, il presidente ad interim, colonnello Assimi Goita, ha detto di voler rimandare le elezioni previste per febbraio 2022 «a causa della minaccia jihadista» e ha rivendicato il diritto del proprio paese «di chiedere supporto militare a chi vuole».

Diverse fonti attestano che il gruppo russo Wagner dovrebbe fornire istruttori con funzioni di addestramento dell’esercito maliano e di protezione di alti funzionari, informazioni confermate dal primo ministro maliano, Choguel Maïga, che ha ribadito la volontà del proprio governo di «tentare qualsiasi alternativa pur di aiutare lo stato maliano ad estendere la propria autorità e sovranità su tutto il territorio».