Ci sono voluti più di sei anni per arrivare all’emanazione di un decreto che creerà un sistema per accertare la congruità delle spese mediche, dei consumi, per auto e telefoni, o per il mantenimento di un cavallo con i redditi dichiarati. Ma, a meno di tre settimane dalle elezioni europee, il nuovo pacchetto di norme ha creato una zuffa tra Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia.

È accaduto ieri, quando l’anonima misura presentata da un burocratico comunicato ha provocato un incendio imprevisto. La ragione, a quanto pare, è il nome sotto il quale è stato presentato il decreto: «redditometro». Una simile misura risale al 1992, è stata aggiornat nel 2010 da un governo di centrodestra, è stata modificata dal governo Renzi nel 2015, Ed è stata sospesa dal governo Conte 1 nel 2018. Da allora si aspettava un decreto che in realtà è stato pubblicato il 7 maggio scorso e non dopo le elezioni dell’otto e nove giugno.

In queste occasioni la legge è: mai toccare il fisco, semmai promettere condoni come ha fatto Salvini con il suo «decreto casa». Non è stato cosi. A farne le spese è stato il vice-ministro dell’Economia Maurizio Leo (Fratelli d’Italia) che ieri si è trovato il cerino in mano. Dopo il Superbonus, il ministero dell’economia è così finito, per la seconda volta in due settimane, al centro delle polemiche elettorali.

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La sintesi di una giornata in cui sono stati in molti a straparlare l’ha fatta Marco Osnato (Fratelli d’Italia), presidente della Commissione Finanze della Camera. Per lui non va detto che «Il provvedimento è del viceministro Leo, chiedete a Fratelli d’Italia». «Ricordiamoci – ha aggiunto – che siamo una coalizione. I provvedimenti sono tutti collegiali, nessuno attribuisce a Giorgetti la paternità esclusiva delle misure sul Superbonus. Ci vuole serenità, siamo in campagna elettorale, è giusto far valere le proprie ragioni. Non penso che domani vedremo Leo col fucile puntato contro i contribuenti».

In effetti, è stato quello che hanno pensato quelli della Lega quando hanno visto annunciare il decreto che ha messo il dito nella piaga. «Non è sicuramente il metodo migliore per combattere l’evasione – hanno sibilato fonti nel partito di Salvini – Auspichiamo che la proposta del viceministro Leo non sia orientata in questa direzione». Per riassumere il senso di questa tempesta in un bicchiere d’acqua: tra le fila delle destre c’è chi progetta di costruire un Grande Fratello che scava tra le dichiarazioni dei redditi dal 2016 oppure chi sostiene uno Stato «padre di famiglia» che agisce a «garanzia dei contribuenti»?

La situazione è sembrata degenerare quando un esponente dell’esecutivo rimasto anonimo ha definito un’iniziativa di Leo «non concordata dagli alleati». Per placare gli animi è dovuta intervenire la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Leo riferirà venerdì in un consiglio dei ministri animato. All’ordine del giorno c’è anche il «piano casa» di Salvini che non poche polemiche ha creato nella maggioranza.

«L’obiettivo non dichiarato di questa operazione è raschiare il fondo del barile, usando il “nuovo redditometro” come spauracchio per evitare il fallimento del concordato preventivo biennale» ha sostenuto Antonio Misiani, responsabile economico del Pd. Alla base del nuovo scontro tra le forze di maggioranza c’è l’incombente bisogno di individuare risorse fresche per rimpinguare le casse vuote in vista della legge di bilancio che quest’anno sarà più difficile del solito. Il «concordato preventivo» serve a questo e si aprirà il 15 giugno.