La gara per ingraziarsi la tigre cinese continua. Stavolta è il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ad aver accarezzato il colosso asiatico, invitando direttamente l’omologo cinese Xi Jinping a Kiev. «Voglio parlare con lui» ha dichiarato Zelensky all’Associated Press, «ho avuto contatti con lui prima della guerra. Ma durante tutto lo scorso anno non ne ho avuti altri». Nell’attesa che da Pechino qualcosa si sblocchi, il leader ucraino continua a tenere i contatti con gli alleati europei.

Ieri è stata la volta della premier italiana Giorgia Meloni, a distanza di circa un mese dalla visita di quest’ultima a Kiev. In un colloquio che Zelensky ha definito «produttivo», si è discusso di «iniziative bilaterali e internazionali». Palazzo Chigi ha spiegato in una nota che si è «parlato della necessità di perseguire una ‘pace giusta’ e della prossima Conferenza di Roma sulla ricostruzione dell’Ucraina prevista per il 26 aprile, un’occasione importante per rafforzare i rapporti tra le imprese italiane e l’Ucraina».

MA FUORI dal Vecchio continente la situazione è diversa. Zelensky rincorre Xi Jinping da quando, la scorsa settimana, quest’ultimo si è recato a Mosca per una tre giorni che gli analisti politici definiscono «storica» in quanto potrebbe aver creato un nuovo asse tra Mosca e Pechino.

Ma gli stessi analisti ritengono che la mossa cinese nasca dalla volontà di costruire un fronte più ampio contro gli Usa in funzione del possibile scontro su Taiwan e che il capo del partito comunista cinese sia in realtà pronta ad abbandonare Putin se sul campo di battaglia l’esercito russo dovesse fallire. Anche perché, nel frattempo, gli equilibri mondiali continuano a muoversi e gli Usa non sono certo attori secondari.

Ieri la presidente taiwanese Tsai Ing-wen è partita per un viaggio diplomatico in Belize e Guatemala che farà scalo a Los Angeles e New York. Durante la sosta in California, probabilmente, Tsai potrebbe incontrare il presidente della Camera Kevin McCarthy. Si noti che la ufficialmente gli Usa non riconoscono l’indipendenza di Taiwan e infatti la Casa bianca non incontrerà la delegazione governativa di Taipei per evitare di scatenare tensioni con Pechino.

In ogni caso la reazione della Cina all’eventuale incontro è stata durissima «ci opponiamo risolutamente all’incontro e prenderemo misure in risposta alla provocazione che viola seriamente il principio ‘Una Cina’ e danneggia la sovranità nazionale e l’integrità territoriale della Repubblica popolare cinese, sabotando pace e stabilità nello Stretto di Taiwan» ha tuonato Zhu Fenglian, portavoce dell’Ufficio affari di Taiwan di Pechino.

A PROPOSITO di appoggio esterno, forse neanche Zelensky deve essere più tanto convinto del sostegno «fino alla vittoria» da parte degli alleati se ieri si è spinto a dichiararsi preoccupato per un eventuale cambio ai vertici della Casa bianca.

«Gli Stati uniti capiscono davvero che se smettono di aiutarci non vinceremo» ha detto il leader ucraino, ringraziando pubblicamente gli Usa e l’Europa occidentale per il sostegno militare che ha finora permesso in larga parte la resistenza del suo Paese. Ma è importante che tale sostegno sia effettivo e non come quello ricevuto da «uno stato europeo» non meglio specificato che avrebbe donato a Kiev un sistema di difesa aerea non funzionante.

Sappiamo che molti stati hanno approfittato delle forniture di armi a Kiev per svuotare i magazzini militari degli armamenti più vecchi e riammodernare gli arsenali. Ciononostante è la prima volta che i politici ucraini si lamentano pubblicamente del malfunzionamento dei sistemi ricevuti.

PUÒ DARSI che le nuove offensive russe a Bakhmut abbiano influito sul nervosismo del presidente ucraino che a tale proposito ha dichiaramento senza mezzi termini che «perdere Bakhmut potrebbe spingere la Russia a porre dei compromessi inaccettabili. Putin potrebbe usare la vittoria a suo vantaggio ‘vendendola’ all’Occidente, alla sua opinione pubblica, all’Iran e alla Cina. Se sentono il sangue, se avvertono che siamo deboli, spingeranno ancora e ancora». E, inaspettatamente, Zelensky ha espresso la preoccupazione che gli ucraini stessi potrebbero sentirsi stanchi e spingere il governo a cercare compromessi con Mosca.