La faida interna al potere ucraino non dà scampo agli sconfitti. Il generale Valerii Zaluzhny, ex Comandante in capo delle forze armate, sarà spedito a Londra come ambasciatore straordinario dopo la rimozione dall’incarico che aveva ricoperto per quasi due anni. Il significato è evidente: a Kiev non c’è posto per due leader carismatici e finché resterà la legge marziale chi ha meno potere deve farsi da parte. Soprattutto ora che la popolarità di Zelensky è ai minimi storici e gli ultimi sondaggi rivelano che se si votasse domenica prossima Zaluzhny sarebbe preferito da oltre il doppio degli ucraini all’attuale capo di stato.

La notizia è stata annunciata mercoledì notte dal presidente ucraino stesso nel suo consueto video-appello alla nazione. Ma tutti sanno che il generalissimo non ha mai voluto quel ruolo. Quando all’inizio del 2024 il leader ucraino cercava un modo per mettere a tacere le voci che lo volevano in lotta con Zaluzhny, infatti, era trapelata un’indiscrezione secondo la quale a quest’ultimo fosse stato proposto l’incarico di ambasciatore a Londra. Ma Zaluzhny aveva tuonato che non avrebbe mai accettato, che di fatto era solo esilio malcelato. Ora, invece, sarà costretto a partire e diversi analisti sostengono che la decisione nasca dalla paura del presidente per la crescente popolarità del generale.

STANDO A UN SONDAGGIO pubblicato dal Centro ucraino per le ricerche sociali e di marketing (Socis), infatti, il 41,4% degli ucraini sosterrebbe Zaluzhny al primo turno contro un magro 23,7% per l’attuale presidente. Degno di nota il 6,4% dell’ex capo di stato Petro Poroschenko, che si classificherebbe così terzo nelle ipotetiche consultazioni elettorali. Al secondo turno poi, Zaluzhny dilagherebbe con oltre il 67% delle preferenze. Si consideri, inoltre, che l’Istituto internazionale di sociologia di Kiev (Kmis), meno di un mese fa aveva attestato un calo del 13% nella popolarità di Zelensky dopo l’allontanamento di Zaluzhny. Tali percentuali hanno un valore relativo per gli assetti del potere politico ucraino in quanto attualmente (e fino a maggio) vige la legge marziale, che affida poteri quasi illimitati al capo dell’esecutivo.

Il 31 marzo avrebbero dovuto tenersi le elezioni presidenziali ma il governo le ha annullate per la guerra. Gli ucraini non se ne sono troppo crucciati, il momento è durissimo e, come conferma il Kmis, quasi i due terzi dei cittadini hanno dichiarato di non ritenere «necessario indire elezioni prima della fine della guerra». Intanto Zelensky ha incontrato ieri l’omologo turco Erdogan il quale si è detto disponibile «a ospitare un vertice a cui può partecipare anche la Russia», per parlare di pace.

DAL CANTO SUO, ZALUZHNY non ha mai palesato alcun interesse per la poltrona presidenziale, almeno non pubblicamente. Ma il suo allontanamento ha dato la stura ai malumori di diversi personaggi di primo piano. Il sindaco di Kiev, l’ex pugile Vitaly Kitschko, ad esempio, che in un’intervista a Repubblica ha accusato Zelensky di aver sbagliato e ha invocato un «governo di unità nazionale». Chissà se è un caso che da qualche tempo la stampa ucraina parla della villa da oltre 5 milioni di euro che il primo cittadino si sarebbe intestato in Germania. O l’ex presidente Poroschekno, umiliato alla frontiera e impossibilitato a uscire dal Paese fino a due giorni fa.

Senza contare i funzionari messi da parte (non tutti per disegno politico, si ricordi che la corruzione in Ucraina è un problema strutturale) in questi due anni di guerra. Un’alleanza per tentare di mettere in discussione la leadership di Zelensky sarebbe possibile, ma per ora poco efficace. Anche perché, al netto di clamorosi rifiuti dell’ultima ora, il presunto leader di questa fronda si sta preparando al suo esilio dorato sotto il controllo del ministero degli Esteri ucraino e dei Servizi britannici, fedeli al governo di Kiev. Tuttavia, lo scacchiere degli schieramenti politici è in evoluzione e sotto la cenere c’è chi già aizza l’incendio.