Mentre Erdogan stringeva mani, Afrin continuava a subirne l’operazione militare. Ma a proseguire è anche la mobilitazione popolare: domenica erano 100mila nella piazza principale della città curdo-siriana per manifestare contro l’attacco, mentre da Jazira partiva una carovana di migliaia di persone diretta nel cantone più occidentale di Rojava.

E ieri ad unirsi alle unità di difesa popolare Ypg e Ypj di Afrin sono stati oltre 400 yazidi iracheni della regione di Sinjar, liberata dall’Isis dall’intervento del Pkk che già nell’agosto 2014 ruppe l’assedio islamista del monte dove in migliaia si erano rifugiati. Secondo una fonte yazida sentita da Agenzia Nova, il Pkk sarebbe in grado di offrire ai combattenti yazidi uno stipendio di 300 dollari al mese, sostegno significativo per una comunità in difficoltà.

A continuare, infine, è anche la repressione turca entro i confini nazionali: è salito a 449 il numero di persone arrestate per «propaganda terroristica», ovvero post online contro l’attacco ad Afrin; altri 124 in manette per aver protestato in piazza. Tra loro medici, giornalisti, sindacalisti, politici, attivisti.