Ursula von der Leyen continua la sua offensiva per assicurarsi un secondo mandato. Ne è una dimostrazione il testo della lettera che la presidente della Commissione ha inviato ai leader dei 27 in occasione del Consiglio europeo di oggi e domani a Bruxelles, per approvare gli accordi sulle nomine di vertice e discutere l’agenda strategica delle priorità politiche 2024-2029. Nella lunga missiva (quattro pagine abbondanti) in cui traccia il bilancio delle politiche migratorie nei 5 anni del suo primo mandato, von der Leyen rivendica gli accordi con i paesi terzi come «fattore chiave» per il successo del Patto migrazione e asilo. E lancia un messaggio a Giorgia Meloni, che, isolata dagli accordi raggiunti sulle nomine dalla maggioranza Ppe-socialisti-liberali, ha attaccato Bruxelles («non si sta tenendo conto della volontà dei cittadini»).

Ursula von der Leyen
Affrontare le cause profonde della migrazione e investire nell’economia e nella transizione verde della Tunisia è una priorità
«Solo con partenariati ben funzionanti», si legge nel testo della lettera ai leader, «riusciremo a realizzare una cooperazione volta a prevenire le partenze e a combattere il traffico di migranti». Il riferimento è alla gestione esterna ai confini Ue e tra le iniziative che hanno portato a un «rallentamento degli arrivi irregolari», von der Leyen menziona in particolare l’aver «firmato, quasi un anno fa, un memorandum d’intesa per un partenariato strategico e globale con la Tunisia». Nel viaggio dal presidente tunisino Saied la presidente della commissione era accompagnata dal premier olandese Rutte e da Meloni, e proprio in quell’occasione si era saldata l’intesa tra von der Leyen e la premier italiana, segnando la svolta governativa di quest’ultima in chiave Ue. In seguito, Roma avrebbe proposto a sua volta il modello Albania come sua originale modalità di esternalizzazione extra-Ue delle procedure d’asilo. Una proposta mai apertamente criticato da Bruxelles, anzi elogiata da capi di governo come il cancelliere tedesco Scholz.
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A poche ore dalla formalizzazione delle nomine da parte dei capi di Stato e di governo, von der Leyen rimane la favorita. A meno di sorprese dell’ultimo minuto, il via libera alla sua riconferma non dovrebbe essere un problema. Piuttosto, è la strada per arrivare alla rielezione a non essere ancora chiara, tanto che l’interessata dietro le quinte continua i contatti con i leader e gli incontri con le singole delegazioni di eurodeputati che potrebbero assicurarle i voti necessari. Un attivismo presto spiegato. Numericamente autonoma sulla carta (avrebbe quasi 400 voti, 40 in più della soglia di 361 che rappresenta la maggioranza assoluta dell’Aula), la coalizione che sostiene l’esponente della Cdu tedesca deve però trovare voti sostitutivi in caso di defezioni. I franchi tiratori vengono stimati tra il 10 e 20%, ma nel luglio 2017, all’atto dell’elezione del Von der Leyen 1, arrivarono quasi a 100 e la soglia fu superata per soli 9 voti.

Per assicurare l’elezione della presidente è necessario quindi allargare la base parlamentare. Però su questo le strategie divergono. «Il Ppe è diviso: una parte, guidata dal premier polacco Donald Tusk, guarda verso l’intesa con i Verdi. Un’altra parte, che fa capo ad Antonio Tajani, si rivolge invece a destra, in direzione di Fratelli d’Italia», spiega da Bruxelles un esponente del Ppe. Proprio ieri Tajani ha invitato von der Leyen e i popolari ad «aprire un dialogo con Ecr», perché in caso di accordo con i Verdi «potremmo votare contro o astenerci», ha minacciato.

Von der Leyen non può spezzare il dialogo istituzionale con Roma, come ha sottolineato martedì dopo il raggiungimento del pre-accordo sulla sua rielezione. Nell’informativa alla Camera, Meloni dichiara di apprezzare i contenuti della sua lettera, sottolineando: «Sui migranti il paradigma nell’Ue è cambiato». Il dialogo tra le due leader non può che continuare: c’è in ballo il posto di Commissario per Roma e poi il passaggio parlamentare a scrutinio segreto, in cui ogni sì conta, figuriamoci quello dei 24 eurodeputati di FdI. Una cosa accomuna ancora le due leader: la strada per non commettere errori fatali è strettissima per entrambe.