Volkswagen, Indagato per frode l’ex ad Martin Winterkorn
Dieselgate Prima class action di un fondo pensionistico Usa contro il costruttore tedesco.
Dieselgate Prima class action di un fondo pensionistico Usa contro il costruttore tedesco.
Non saranno solo i tribunali al di fuori dei confini tedeschi a occuparsi del caso Volkswagen: a muoversi è anche la giustizia tedesca. Per la principale casa automobilistica europea ogni giorno ha la sua pena, e ieri la principale «cattiva notizia» è quella che arriva da Braunschweig: la procura di quella città ha iscritto nel registro degli indagati l’ex potentissimo amministratore delegato Martin Winterkorn, uscito di scena la scorsa settimana con una generosa buonuscita di 60 milioni di euro. L’impresa ha annunciato la massima collaborazione con gli inquirenti, come peraltro aveva già fatto nella «storica» conferenza stampa in cui Matthias Müller si è presentato quale nuovo numero uno.
Il fronte giudiziario, quindi, si allarga: negli Stati Uniti si contano finora 80 class action di clienti delle auto diesel «truccate», alle quali è da aggiungere – a quanto riporta l’agenzia Bloomberg – anche la prima causa intentata da un azionista. Segnatamente, da un fondo pensioni del Michigan che ritiene di avere acquisito quote di una società la cui valutazione era «drogata» a causa della frode sulla misurazione delle emissioni. E non va dimenticata l’iniziativa assunta dal pm torinese Raffaele Guariniello, magistrato che vanta un «curriculum» di tutto rispetto nel contrasto della criminalità dei grandi attori economici.
Oltre alla collezione dei processi, procede anche la scoperta dei volumi delle autovetture circolanti che dovranno essere richiamate. Ieri è stato il turno delle 2,1 milioni di macchine (577 delle quali circolanti in Germania) con marchio Audi, che quindi entra anch’esso ufficialmente nell’affaire. Nulla di cui stupirsi, dal momento che Audi fa parte della stessa società di cui Volkswagen è il marchio principale. E non è finita: anche un’altra controllata del gruppo di Wolfsburg, la Skoda, è della partita: in questo caso le vetture «incriminate» sono 1,2 milioni.
Esclusi dal novero sono i veicoli che già rispettano le norme Euro 6, che, a quanto pare, sono a norma lo sono davvero. Ad aumentare, infine, è anche il numero dei top manager rimossi: a quanto riferisce l’agenzia Reuters sarebbero tre i dirigenti «saltati», e cioè i capi dei dipartimenti ricerca e sviluppo dei marchi Audi, Volkswagen auto e Porsche.
Domani si terrà il prossimo consiglio di sorveglianza (Aufsichtsrat) straordinario, ed è lecito attendersi ulteriori decisioni. In particolare, i vertici del gruppo dovranno fornire una risposta convincente all’Ufficio automobilistico federale tedesco (Kfa) che ha intimato l’azienda ad adottare le misure necessarie a risolvere il problema entro il 7 ottobre, pena il ritiro della licenza di circolazione per tutte le autovetture.
Entro quella data dovrà essere sulle scrivanie dei funzionari un piano dettagliato con tempistiche e modalità relative al richiamo dei veicoli e al loro trattamento. A Wolfsburg sanno di non avere tempo da perdere, per evitare di consumare quel capitale di fiducia del quale, nonostante tutto, ancora godono. Inchieste di opinione mostrano che, malgrado lo scandalo, i tedeschi si fidano ancora delle loro industrie di punta.
Il ministero dei Trasporti tedesco ha smentito nel frattempo di essere stato a conoscenza del «defeat device», cioé del software incriminato che permetteva a Volkswagen di truccare i test sulle emissioni, prima che esplodesse lo scandalo. Lo ha detto un portavoce del ministero.
Dove comincia a regnare un po’ di sfiducia e molta preoccupazione è la company town della Volkswagen, la città-fabbrica di Wolfsburg. Qui il sindaco socialdemocratico Klaus Mohrs ha già fatto sapere che sono in arrivo tempi bui: «Ci attendiamo meno introiti dalle tasse, e quindi congeliamo tutti i progetti che l’amministrazione comunale aveva in cantiere».
Lo scenario che turba i sonni del primo cittadino (e non solo) sono è quello del ripetersi dei casi del bacino della Ruhr, desertificato dal ridimensionamento dell’industria dell’estrazione di carbone, e della città di Bochum, da dove la Opel ha levato le tende. Un impoverimento che spaventa forse soprattutto ora, con la Germania alle prese con l’altra emergenza del momento: quella dei profughi.
Proprio la difficile accoglienza dei richiedenti asilo ha nuovamente conquistato le prime pagine dei giornali tedeschi, relegando la vicenda Volkswagen in secondo piano. Anche perché le inchieste di opinione cominciano a registrare qualcosa di inaudito: la cancelliera Angela Merkel sta perdendo consenso per eccesso di «generosità umanitaria».
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