La Ue ha approvato l’apertura dei negoziati con l’Ucraina (e la Moldavia), per l’adesione al blocco. Lo ha annunciato ieri sera il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, alla nona ora di vertice, mentre tutti temevano una lunga nottata di negoziati. «Una vittoria per l’Ucraina e per tutta l’Europa», ha commentato Volodymyr Zelensky dalla Germania, dove è andato in visita a sorpresa, «l’apertura di una nuova pagina della storia d’Europa», per la presidente moldava, Maia Sandu. Un «momento storico» per Charles Michel, che ha parlato di «segnale politico molto forte», rivolto alla Russia.

LA PRESIDENTE della Commissione, Ursula von der Leyen, ha sottolineato l’importanza di una «decisione strategica che resterà incisa nella storia europea». Per il cancelliere Olaf Scholz, «l’Ucraina e la Moldavia appartengono alla famiglia europea». Zelensky, che ha ringraziato esplicitamente Emmanuel Macron, in mattinata era intervenuto via video al Consiglio. Il presidente ucraino ha lanciato un appello agli europei, a non «tradire il popolo (ucraino) e la fede nell’Europa», manifestata da dieci anni.

UN CONVITATO DI PIETRA era ieri presente al Consiglio europeo a Bruxelles. Ma Vladimir Putin non ha scelto un cavallo di Troia efficiente. Per ore le discussioni dei 27 capi di stato e di governo si sono concentrate attorno alle esigenze dell’ungherese Viktor Orbán, per il quale non ci sono «le condizioni» per un’apertura a Kyiv. L’unanimità dei 27 era richiesta, ma i diplomatici hanno trovato una via d’uscita sottile: Orbán si è astenuto, «non condivide la responsabilità» dell’apertura, ma non ha messo il veto e su suggerimento di Scholz è uscito dalla stanza al momento del voto (forse rammollito dai 10 miliardi sbloccati alla vigilia del Consiglio da Bruxelles per i fondi di coesione a Budapest, anche se il piano di Rilancio è ancora congelato a causa della condizionalità sul rispetto dello stato di diritto).

Volodymyr Zelensky
Questa è una vittoria per l’Ucraina. Una vittoria per tutta l’Europa. Una vittoria che motiva, ispira e rafforza
I NEGOZIATI con l’Ucraina dovrebbero iniziare «solo dopo che le condizioni sono raggiunte» per il rispetto dello stato di diritto e la lotta alla corruzione, forse a marzo (senza nessuna certezza sulla data finale), con la definizione di un quadro di trattativa, mentre alla fine potrebbe passare l’idea di Orbán di aprire il dialogo a giugno, dopo le elezioni europee, per non avere questo ostacolo nella campagna. In ogni caso, l’Ungheria ha ancora la possibilità di un veto in tutte le tappe che dovrà superare l’Ucraina, fino al Trattato di adesione, che dovrà essere ratificato da tutti gli stati membri. Ma allora, la Ue non sarà probabilmente più la stessa, è nell’aria un cambiamento dei Trattati, per superare le difficoltà dei voti all’unanimità, che potrebbe portare a un’Europa a varie velocità. Già esiste la Cpe, la Comunità politica europea, che va al di là dei 27 (e ha re-inglobato la Gran Bretagna).

IERI, LA GEORGIA ha ottenuto lo statuto di candidato all’adesione, la prima tappa, e mercoledì sera, al vertice Ue-Balcani, la Bosnia è entrata nel gioco, come chiedeva l’Austria. Ma per tutti la strada è ancora lunga e numerosi i conflitti dei candidati (Albania, Serbia, Macedonia del Nord, Montenegro, Kosovo, Bosnia) con vari paesi europei.

IL CONSIGLIO DI FINE ANNO, un vertice “cerniera” per Michel, è iniziato con la discussione sul budget della Ue, che comprende anche gli aiuti all’Ucraina. La Ue funziona su un bilancio pluriannuale, 2021-27, votato prima dell’aggressione russa in Ucraina. I soldi non bastano, c’è necessità di denaro fresco. Ma le elezioni europee di avvicinano e a livello dei singoli stati nessun governo (dei paesi contribuenti netti) vuole giustificare uscite a favore di Bruxelles, in un clima nazionalista crescente. La Commissione ha proposto un aumento del bilancio di 66 miliardi, ma la presidenza spagnola, dopo le proteste dei “frugali” guidati dalla Germania, ha ridotto il surplus a 22,5 miliardi, tagliando nei costi (ci sarà comunque un extra per far fronte al rimborso del prestito del piano di Rilancio, gonfiato dall’aumento dei tassi di interesse). In ballo il finanziamento di 50 miliardi all’Ucraina (17 miliardi di sovvenzioni e 33 di prestiti), per i prossimi 4 anni. Per il 2024 i finanziamenti a Kyiv – 1,5 miliardi al mese – sono già garantiti. Dopo i tentennamenti Usa, la Ue è in prima linea per i finanziamenti all’Ucraina, ci sono anche 20 miliardi di aiuti militari nel quadro dell’European Peace Facility.

DIETRO LE RETICENZE di Orbán si sono nascosti altri primi ministri, per esempio lo slovacco Robert Fico, che in campagna elettorale aveva combattuto nuovi aiuti all’Ucraina, ma che ieri si è piegato alle esigenze del segretario della Nato, Jens Stoltenberg, che ha incontrato assentandosi dal vertice Ue. Sette paesi hanno espresso dubbi sui 50 miliardi all’Ucraina. Di facciata, 26 paesi sostengono l’apertura all’Ucraina, Orbán sostiene quella ai Balcani. Ma in molti ci sono dubbi. Oltre alla questione della corruzione, che riguarda anche dei paesi membri (a cominciare dall’Ungheria), l’entrata dell’Ucraina, grande paese agricolo, sarà una sfida per la Pac (politica agricola comune).