Nessuno in Georgia sembra disposto a fare un passo indietro. La discussione parlamentare attorno al disegno di legge sulla «trasparenza delle influenze straniere» (anche nota come «legge sugli agenti stranieri») continua a trovare l’opposizione decisa da parte della società civile, che si riversa da tempo per le strade della capitale Tbilisi in massicce manifestazioni, nonché da parte di rappresentanti dello stesso partito di governo Sogno Georgiano e dell’Unione europea.

IERI UNA VENTINA di università del paese sono entrate in sciopero, con gli studenti che hanno dato vita a cortei e si sono uniti alle proteste di fronte al parlamento. In mattinata, inoltre, si sono verificati venti arresti da parte della polizia che ha anche disperso la folla in maniera violenta (dall’inizio di marzo è stato documentato l’uso di proiettili di gomma, lacrimogeni e idranti e ci sono testimonianze di pestaggi; sempre ieri l’organo indipendente dei Servizi Investigativi Speciali ha annunciato di aver avviato un indagine su presunti abusi delle forze dell’ordine). Ma la tenacia e soprattutto il numero dei manifestanti appaiono difficili da scalfire: le stime parlano di almeno 50mila persone in piazza nelle giornate di sabato e domenica e le immagini mostrano strade e ponti completamente bloccati. Sventolano bandiere della Georgia e dell’Ue, ma anche dell’Ucraina, le persone intonano canti e accennano balli, fanno appello alla libertà e molto spesso a un futuro «libero dalle ombre russe».
Il disegno di legge, infatti, non può non ricordare un analogo provvedimento adottato dal Cremlino nel 2012 attraverso cui nel corso degli anni sono state dichiarate illegali numerosi associazioni ed esponenti dell’opposizione a Putin.

NELLO SPECIFICO georgiano, il testo prevede che Ong e media che ricevono più del 20% dei propri finanziamenti dall’estero debbano registrarsi come «organizzazioni che perseguono gli interessi di una potenza straniera». Secondo le voci critiche, si tratterebbe appunto di uno strumento per limitare la libertà di espressione e per aumentare il controllo governativo sulle realtà indipendenti (la stragrande maggioranza delle quali, peraltro, è spesso costretta dalle difficili condizioni economiche del paese a fare affidamento a un sostegno oltre frontiera). A questi timori si aggiungono, forse in maniera dirimente, le conseguenze che un eventuale approvazione della legge avrebbe sul processo di integrazione europea della Georgia iniziato lo scorso dicembre: già Borrell e altri funzionari di Bruxelles si erano espressi con scetticismo, mentre ieri un gruppo di europarlamentari ha chiesto l’imposizione di sanzioni sui deputati di Tbilisi che voteranno a favore del testo e il presidente del comitato degli affari esteri del Bundestag Michael Roth ha affermato durante un colloquio con l’opposizione georgiana che i negoziati per l’ingresso nell’Ue rischierebbero di interrompersi. Anche la compagine governativa è divisa: la presidente del paese Salomé Zourabichvili ha promesso il proprio veto (facilmente aggirabile) e il consulente del ministro di stato per la riconciliazione e l’uguaglianza civica Ivliane Khaindrava si è dimesso nel pomeriggio in segno di protesta.

MA LA MAGGIORANZA di Sogno Georgiano prosegue per la propria strada: il comitato parlamentare per gli affari legali ha approvato ieri il disegno di legge in meno di due minuti e oggi è attesa la discussione finale. «Stiamo per compiere la volontà della società georgiana», ha detto il primo ministro Irakli Kobakhidze. Le folle in piazza, però, continuano ad affermare il contrario