Nicolas Maduro è arrivato ieri a Mosca per il forum della «Settimana energetica russa», prima tappa di un mini-tour che lo porterà anche a Minsk e Ankara. Se la visita al presidente bielorusso Lukashenko sarà poco più che una cortesia, quella a Erdogan rappresenta uno spiraglio inatteso visto l’isolamento internazionale che vive attualmente il Venezuela. Maduro parlando con i giornalisti ha addirittura promosso la Turchia a paese «che insieme ai Brics può garantire un mondo più equilibrato».

Intervenendo nella plenaria del forum, Maduro ha avanzato la proposta di «un nuovo meccanismo per gestire il mercato petrolifero, in modo da impedire alla speculazione di operare». Uno dei meccanismi per la regolazione dei prezzi – secondo Maduro – potrebbe essere l’uso di un paniere di valute. «Il Venezuela ha cominciato a utilizzare un paniere di valute – rublo, yuan, euro e dollaro – per la vendita di petrolio con risultati interessanti» ha sottolineato. Una proposta che è stata bene accolta da molti paesi presenti, ma forse ancora prematura.

Nel pomeriggio il leader bolivariano nel suo incontro con Putin ha ricordato «l’amicizia che legava Chávez al leader russo» e con enfasi lo ha proclamato «il vero leader del nuovo mondo che si sta configurando e in cui vogliamo vivere».

Ha poi incassato lo scontato sostegno del presidente russo. Il quale però consiglia prudenza, in primo luogo tenendo aperta la porta a un compromesso con l’opposizione interna ma anche evitando i toni eccessivi usati a sostegno della secessione catalana che rischiano di non aiutare una ripresa di rapporti con i paesi europei.
I due hanno poi affrontato la nota dolente del debito che il Venezuela ha con Mosca, consolidato a settembre in 2,84 miliardi di dollari. Maduro conferma di voler pagare fino all’ultimo cent («come del resto stiamo facendo con gli Usa») ma chiede una dilazione. Putin ha accettato: in una nota pomeridiana del governo russo si dichiara infatti che «il debito venezuelano verrà estinto con rate semestrali a partire da marzo 2019 in 3 anni».
Una decisione che ha fatto storcere il naso a molti deputati di Russia Unita, il partito di Putin. Più di uno ieri ricordava «come nel periodo sovietico ci siamo svenati per mantenere gli alleati in cambio di niente».
Un approccio isolazionista che si sta facendo strada tra i russi: in un recente sondaggio più del 50% degli intervistati ritiene che invece di finanziare imprese militari come quella in Siria, il governo dovrebbe preoccuparsi sostenere la piccola impresa e aumentare la spesa sociale.