E così siamo andati. Sapevamo da tempo della Comunità del mais spinato di Gandino, in val Seriana, e delle molteplici attività che svolge. E sappiamo anche che il mais è una delle essenze più gravemente minacciate dagli ibridi e da Ogm e nuovi Ogm. Abbiamo fatto bene.

Il mais spinato di Gandino ci offre il destro per raccontare una storia affascinante. Chi sia convinto che la miniera d’oro vera di questo Paese stia nel suo recupero di identità locali attuato in maniera aperta e pronta alle contaminazioni, deve ascoltare la storia di queste belle pannocchie. La Comunità del mais spinato di Gandino è sorta per la necessità di coniugare salvaguardia di un bene comune prezioso e attività di trasformazione collegate. Così è stata istituita la De.Co, le denominazioni comunali, grande invenzione dell’indimenticato Luigi Veronelli, che si era stabilito a Bergamo Alta. Qui vicino. Una decina tra coltivatori e trasformatori è stata coinvolta, il mais di Gandino è diventato valvola di una economia locale dinamica e foriera di reddito e giusto riconoscimento di un lavoro agricolo.

Non dimentichiamo che, in pianura, la maggior parte del granoturco è coltivata in maniera intensiva per il nutrimento del bestiame. Questo di Gandino no, è destinato a diventare ingrediente per polente, farine per pasta, pane e dolci.
La Comunità, animata da Angelo Savoldelli, preside in pensione, e Filippo Servalli, vicesindaco del comune, ha condotto una ricerca approfondita sulla storia di questo mais. Un lavoro notevole, avviato senza trascurare nulla. Fin dalla scoperta dei molteplici nomi in dialetto si evince che proprio a Gandino è stata introdotta per la prima volta la coltivazione di questo cereale in Lombardia. Così vengono fuori i nomi del Lussana, i progenitori, coloro che qui hanno importato questa pianta di «granoturco», poiché tutte le nuove essenze venivano associate a quel mondo misterioso che era l’oriente. Angelo e Filippo ci hanno raccontato anche altro, molto altro.

DELLA STORIA DEL MAIS IN LOMBARDIA, una volta appreso tutto, tutto non lo si potrà mai sapere, talmente tanti sono i nomi con cui una singola varietà viene definita in valli anche a pochi chilometri di distanza: un mais spinato può essere detto anche rostrato, per non dire dei nomi locali, dint de rat, dente di topo, ma ho sentito anche dente di cavallo e rampinel, per non dire dei più classici melgott e furmenton. I nostri anfitrioni hanno fatto di più.
Hanno voluto, sfidando lo spazio e il tempo, riandare a ritroso. Il mais, come la patata, il girasole, il pomodoro, le melanzane, diverse varietà di fagiolo, ci sono giunte dalle Americhe, dal Nuovo Mondo. Filippo e Angelo si sono imbarcati per il Centro America. Hanno volato alla ricerca dell’areale originario del loro mais, alla ricerca di questa terra primigenia donde esso cominciò il suo viaggio per il mondo. Già il banchetto dei semi di Angelo, bene disposti nelle loro teche di legno, alcune coloratissime, particolari varietà di fagioli e di mais trovati in Centro America, è uno spettacolo (e anche un libro, ma ci ritorneremo).

SONO STATI IN GUATEMALA E NICARAGUA, là hanno incontrato il professor Cesar Garcia nell’Università di Città del Guatemala ed hanno peregrinato di comunità in comunità sino a trovare, forse, un mais che poteva essere un progenitore del nostro mais spinato. Un lavoro che è stato sulle orme del grandissimo Nikolai Vavilov che tra fine Ottocento e inizio Novecento percorse il mondo alla ricerca degli areali delle principali specie alimentari del pianeta. Vavilov tornò in patria, la sua Russia, con qualche centinaio di migliaia di sementi diverse. Sementi che furono custodite e ancora lo sono all’Istituto che, ancora oggi, a san Pietroburgo, porta il suo nome. Una operazione importante da un punto di vista scientifico e non solo. In Guatemala, presso la comunità di Huahuatenango, probabilmente, in un mais rostrato, chiamato embricado, hanno ritrovato un probabile ascendente del mais di Gandino. Sarà proprio quello? Filippo ed Angelo non sono genetisti di professione.

Dal loro viaggio, esteso al Nicaragua, hanno riportato contatti con associazioni, comunità rurali, intessuto una fitta rete di relazioni. Così sappiamo che, proprio in Guatemala, presso il lago Alitlàn, il 27 e 29 di aprile di quest’anno, si terrà il VI Encuentro continental Red de semillas de libertad, ovvero una grande manifestazione alla quale interverranno «guardianes de semillas» da ogni parte dell’America Latina. Perché anche nel Nuovo Mondo afflitto dal land grabbing, dalle monoculture degli Ogm, sta nascendo e si rafforza sempre più una nuova coscienza di resistenza in difesa della sovranità alimentare che passa necessariamente dalla salvaguardia dei semi rurali. Si moltiplicano gli scambi da un capo all’altro delle Americhe e hanno nomi diversi: «intercambio» o «trueque» tra il Messico e la Colombia, mentre giù, in fondo alla Terra del Fuoco, in Patagonia altre reti di «guardianes de semillas» organizzano «trakfintu», scambio di semi nella lingua Mapuche.

DA GANDINO, UN VIAGGIO LUNGO, se il mais era certamente oro per le popolazioni Olmeche, Maya ed Azteche, è oro anche qui da noi e non solo per il suo colore. Vi dicevo del libro, Semilla para todos, edito da «Somos semillas», laddove scopriamo che in Messico quelle che in Europa chiamiamo «Case delle sementi» si chiamano «Bibliotecas de semillas» e il fine, leggiamo, è quello di custodire, accogliere, riprodurre e redistribuire a quanti ne facciano richiesta delle libere sementi riproducibili. Se in Europa abbiamo la rete continentale Let’s cultivate diversity, nelle Americhe hanno la Red de semillas libres. Esserci messi in contatto attraverso la Comunità del mais spinato di Gandino, Val Seriana bergamasca, sconfigge pregiudizi radicati e duri a morire. Il futuro dei semi è nelle nostre mani. «Si yo no cuido el intorno que vivimos, donde van a vivir mi hijos? Cual sera el destino de ellos?» ci dicono dal Messico. «Se non mi curo dell’ambiente nel quale viviamo, dove andranno a vivere i miei figli? Quale sarà il loro destino?». Senza buoni semi, di che cosa vivranno? Questo futuro che germoglia nei buoni semi germina a Gandino e germina a Huahuatenango, in Guatemala. Abbiamo seguito, con Angelo e Filippo, le avventure di una pannocchia nel mondo. Quei chicchi sono vivi, rinasceranno mille e mille altre volte a raccontarci mille e mille altre nuove storie.