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Verso il voto ai 18enni per il senato

Verso il voto ai 18enni per il senato

Riforma costituzionale Strada in discesa per una legge di revisione attesa da 35 anni che parifica l'elettorato attivo dei due rami del parlamento. Ma c'è chi si oppone a rendere uguale anche l'elettorato passivo

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 15 maggio 2019

È una riforma costituzionale facile facile, attesa da anni, ma ha perso l’ultimo treno che pure le era passato assai vicino. Gli emendamenti per abbassare a 18 anni l’età per partecipare all’elezione dei senatori, parificando così l’elettorato attivo del senato a quello della camera, non erano stati ritenuti ammissibili dalla presidenza della camera in sede di esame della riforma che taglia il numero dei parlamentari. Il Pd aveva protestato assai, minacciando un ricorso alla Corte costituzionale che poi si è perso per strada. Anche perché i 5 Stelle, che non hanno voluto aprire la «loro» riforma che «taglia le poltrone» alle proposte dell’opposizione, hanno nel frattempo presentato in tutta fretta un loro disegno di legge per il voto ai 18enni. Arrivato per ultimo, dopo due quasi identici del Pd, il disegno di legge del presidente grillino della prima commissione Brescia ha sbloccato la situazione. Ieri la prima commissione della camera ha già cominciato la discussione. C’è un nuovo treno per la riforma più attesa e sembra proprio quello giusto.

Anche Stefano Ceccanti, il deputato costituzionalista del Pd che si era visto respingere gli emendamenti alla legge costituzionale che taglia i parlamentari, è stato nominato relatore: «Nell’occasione precedente la maggioranza si è chiusa a riccio in nome del mito delle riforme chirurgiche. Non per questo è il caso di rinunciare a una scelta che sarà ragionevolmente condivisa e che è positiva per il paese». Con Ceccanti l’altra relatrice è la 5 Stelle Valentina Corneli.
I testi di legge sono molto semplici, modificano l’articolo 58 della Costituzione – quello che tratta della modalità di elezione del senato – rendendolo simile nella formulazione all’articolo 56 che si occupa dell’elezione della camera. Togliendo il limite che adesso è di 25 anni all’elettorato attivo, il riferimento resta quello al suffragio universale – cioè di tutti i maggiorenni. In questo modo si aggiungono oltre quattro milioni di elettori per il senato e soprattutto, unificando le platee, si azzera il rischio che un esito del voto anche solo leggermente diverso per le due camere complichi la formazione di una maggioranza di governo. I tempi per approvare una legge di revisione costituzionale non sono brevissimi ma non dovrebbero esserci ostacoli.

C’è solo una questione ancora aperta. Il Pd vorrebbe modificare anche l’elettorato passivo: l’articolo 58 infatti stabilisce che può essere eletto senatore solo chi ha compiuto 40 anni. Per la camera bastano 25 anni. Analizzando la situazione in altri 16 paesi europei, l’ufficio studi della camera ha riferito che in nessun’altra nazione è prevista una soglia all’elettorato passivo così alta, per nessun ramo del parlamento, come in Italia. Una soglia di 25 anni c’è solo in Grecia. Eppure, spiega Ceccanti, sull’elettorato passivo «al momento si registrano opinioni diverse in alcuni gruppi».
Non saranno sufficienti a femrare la legge. Le prime proposte parlamentari per abbassare l’elettorato attivo del senato a 18 anni risalgono a 35 anni fa. Il treno giusto per questa riforma probabilmente è partito ma certamente è in ritardo.

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