Meglio di così, per il centrosinistra, non poteva andare questo secondo tempo della partita per il sindaco di Verona che si chiude domani. A destra hanno continuato a darsele di santa ragione: apparentamento saltato tra il sindaco uscente Sboarina e Tosi, centrodestra in pezzi, altre vagonate di accuse reciproche, scintille arrivate fino a Roma. Una faida da fa impallidire quella tra Montecchi e Capuleti. Con la chiosa di ieri, quando Tosi ha detto che «Sboarina non ha creato le condizioni migliori per incentivare al voto quel 24% di veronesi che si riconoscono nella nostra area politica». Di più: «Non ci sarebbe da stupirsi se, pur non votando mai a sinistra, il nostro elettorato ricambiasse, ignorando il sindaco uscente».

DAMIANO TOMMASI HA continuato a fare la sua gara: understatement, lunghissime passeggiate a piedi in tutti i quartieri, tanto ascolto, faccia pulita. Civismo puro nell’ottica (probabilmente utile in una città conservatrice come Verona) di annullare la contrapposizione destra-sinistra per concentrare tutto sulla sua persona. Accanto a sé ha voluto solo amministratori, non leader di partito: giovedì è toccato a Beppe Sala, sindaco di Milano, che nel 2016 alle primarie per il dopo Pisapia sfoggiò una maglietta rossa del Che per conquistare l’elettorato di sinistra. Ecco, Tommasi ha fatto l’opposto: se qualcosa di rosso si cela nel suo programma (ambiente, istruzione, solidarietà) lui ha fatto di tutto per togliere a qualunque sfumatura di colore. Tranne il giallo delle magliette dei suoi supporter.

E DEL RESTO SBOARINA, che ha osato dire no al pressing di Meloni e degli altri big di Fdi e Lega per un accordo con Tosi, come argomento polemico ha praticamente solo la «deriva ideologica che prenderebbe Verona qualora la sinistra dovesse tentare di amministrarla». E così Tommasi viene dipinto come «prestanome di Pd e M5S», «teleguidato da Letta, Conte e Boldrini». E giù con le «teorie gender», la Verona «capitale trans» in caso di vittoria dell’ex calciatore, un cattolico praticante con sei figli seguace di Don Milani.

SU QUESTO FRONTE IL VESCOVO uscente ultraconservatore Giuseppe Zenti ha cercato di dargli una mano, con una lettera ai sacerdoti per invitarli a fare proseliti contro il candidato di centrosinistra, accusato sotto sotto di non riservare abbastanza attenzioni «alla famiglia voluta da Dio e no alterata dall’ideologia del gender». «Nel 2022, c’è bisogno che il prete dica ancora alla gente che cosa votare?», gli ha risposto don Marco Campedelli, parroco del centro. E ha aggiunto: «Siamo sicuri che i laici e le laiche circa la vita, con la sua concretezza, siano meno esperti dei preti?». Gioco partita e incontro.

L’altro tema di Sboarina (accanto all’evocazione di invasioni di rom attorno all’arena), è il passato da calciatore di Tommasi. «Dovrebbe imparare da zero, la città andrebbe a sbattere alla prima curva», l’accusa rivolta durante un duello al Corriere di Verona. Serafico Tommasi. «Il mio avversario mi pare agitato».

UNA FOTOGRAFIA PERFETTA, poco viziata dalla trance agonistica. Se domenica notte vince l’ex calciatore non solo si chiude la modesta carriera politica di Sboarina, ma sono dolori veri per il centrodestra. Per Salvini. E anche per Luca Zaia, il potente governatore veneto, considerato tra quelli che potrebbe chiedere il conto delle sconfitte al sedicente Capitano, in realtà molto coinvolto in questa sfida, dopo aver messo la faccia in piazza alla chiusura del primo tempo della campagna elettorale: «Questo io l’ho protetto per 5 anni», ha gridato Zaia. E via selfie con Giorgia e Matteo, che si riunirono per l’occasione dopo settimane di scontri. È servito a poco: Fdi ha preso l’11,9%, la Lega la metà, il candidato si è fermato al 32,7%, circa 8mila voti in meno di Tommasi (39,8%). Persino Renzi, che al primo turno aveva sostenuto Tosi, ora ha spinto i suopi opichi fans veronesi sul carro dell’ex centrocampista. Che ha continuato a camminare, come Forrest Gump, fino a ieri sera, all’ultimo minuto utile. «Farò il sindaco? Forse sì, spero di sì».

UNA SUA VITTORIA cancellerebbe d’un tratto quelle della destra a Genova e Palermo di due settimane fa. Verona diventerebbe l’epicentro della riscossa progressista, e lui un personaggio di caratura nazionale, come quando giocava con la maglia azzurra. Qui la coalizione è davvero un campo largo, dalla sinistra a M5S e Calenda (anche se il nocciolo dei voti sono andati al Pd e alla civica del candidato, il resto briciole). Una dozzina di sindaci di centrosinistra, da Nardella a Gualtieri e Manfredi, ha diffuso un video di incitamento: «Forza Damiano, ti aspettiamo tra noi».