Come ogni 11 novembre una parte della Polonia si prende le strade di Varsavia per incitare all’odio. Oltre alla consueta pioggia di razzi e fumogeni rossi, ieri si è vista una bandiera tedesca in fiamme. I manifestanti hanno anche bruciato una foto del loro connazionale ed ex presidente del Consiglio europeo Donald Tusk. Senza dubbio la crisi migratoria in corso al confine con la Bielorussia sta facendo schizzare ancora più in alto l’ostilità verso gli stranieri e l’anniversario dell’indipendenza è sempre una scusa per urlare in libertà slogan neofascisti e xenofobi.

Quest’anno il governo della destra populista di Diritto e giustizia (Pis) è andato ben oltre la complice strizzata d’occhio garantita ogni volta al Marsz niepodleglosci, il corteo dell’indipendenza, organizzato dall’omonima associazione presieduta da Robert Bakiewicz. Due giorni fa, il partito fondato dai fratelli Kaczynski è uscito allo scoperto, facendosi direttamente promotore della manifestazione, inizialmente vietata dal sindaco liberale di Varsavia Rafal Trzaskowski, sconfitto per un pugno di schede al ballottaggio per le presidenziali del 2020. Decretandone il «carattere statale» – grazie ad un patrocinio last minute ricevuto dall’Ufficio dei veterani di guerra e delle vittime dell’oppressione – stavolta difficilmente il governo potrà dissociarsi in modo credibile da uno dei principali raduni dell’ultradestra in Europa, in cui hanno partecipato ancora una volta esponenti di Forza Nuova.

Trzaskowski l’ha messa così: «La dirigenza del Pis appoggia questi eventi in modo che qualcun altro possa realizzare quello in cui crede ma che non può fare apertamente perché ritenuto inopportuno». Il Pis e i suoi alleati hanno lanciato il sasso provando poi a nascondere la mano.

Il governo ha fatto da sponsor ma ieri nessun politico della maggioranza ha marciato per le strade della capitale con Bakiewicz che ha parlato di 150mila partecipanti: il presidente polacco Andrzej Duda in una cerimonia di stato presso la tomba del milite ignoto ha ricordato che è giunto «il momento di difendere la patria», lodando gli sforzi dell’esercito polacco e della polizia alla frontiera con il vicino bielorusso; il premier Mateusz Morawiecki si è invece recato a Cracovia insieme ad altri colleghi di partito per una messa nella cattedrale del Wawel. Il carattere spiccatamente germanofobo del corteo di quest’anno non dovrebbe sorprendere dopo aver ascoltato le parole di Bakiewicz alla manifestazione: «La Polonia è attaccata sul fianco est da Mosca che sfrutta la Bielorussia per la pressione migratoria. Siamo attaccati dai tedeschi che sfruttano le istituzioni Ue per sottrarci la sovranità».

Un altro Robert, Winnicki deputato dell’estrema destra di Ruch Narodowy (Movimento nazionale) ci è andato ancora meno per il sottile: «Se ci sarà bisogno di sparare, l’esercito polacco dovrà sparare. Basta all’immigrazione clandestina». Anche stavolta il controcorteo antifascista, in cui migliaia di polacchi hanno sventolato nella capitale soltanto bandiere e nessuno spauracchio, non ha ricevuto l’attenzione che merita nel solito indecoroso 11 novembre degli ultimi anni.