Il giornalista Ignacio Escolar è fondatore e direttore di eldiario.es, giornale digitale nato nel 2012 che parla a un pubblico di sinistra, affermatosi come uno dei maggiori quotidiani spagnoli, scalando anno dopo anno le posizioni dei giornali più letti in Spagna. È stato anche fondatore e primo direttore di Público.

Il 15M ebbe una qualche influenza sulla nascita di eldiario.es?

Senza nessun dubbio: il giornale è un figlio del 15M. Una delle stranezze di quel maggio 2011 in Spagna è che se fossi andato in un’edicola non avresti potuto capire il grado di indignazione che c’era nelle piazze. In edicola avresti trovato quattro giornali conservatori e uno di centro riformista, El País, quotidiano che era stato il più letto a sinistra ma che in quel periodo si era spostato molto a destra.

C’era una sete di nuove fonti di informazione.

Sì, c’era un vuoto, che in parte noi riempimmo, c’era la necessità di riempire uno spazio con un mezzo di comunicazione come il nostro.

È interessante perché è la stessa cosa che accadde in politica dopo il 15M.

Proprio così. Io non credo che eldiario.es e Podemos siano la stessa cosa, fra i nostri lettori ci sono persone che votano i diversi partiti della sinistra, ma se eldiario è nato è per lo stesso motivo per cui nacque Podemos e poi in un altro ambito il partito Ciudadanos. Occupare uno spazio rimasto vuoto.

Ci furono anche altre realtà editoriali nuove dopo il 15M, oltre eldiario.es.

Sì, nacquero quasi in contemporanea. In poco tempo hanno visto la luce eldiario, La Marea, InfoLibre, Alternativas Económicas, Mongolia, Materia. Non erano tutti generalisti ma uscivano tutti da una situazione di crisi: con il fallimento di Público, nel 2012, in centinaia di giornalisti rimanemmo per strada. In quel periodo ci fu una crisi tremenda nella stampa, anche El País ed altri media licenziarono molte persone. Fu anche una conseguenza di quella crisi.

Qual è il modello economico del vostro giornale?

Ci differenziamo dagli altri perché non abbiamo sopra di noi chi ci dica cosa fare, il giornale siamo noi, gli investitori sono anche i giornalisti fondatori del progetto e questo ci ha permesso di mantenere una forte indipendenza. Un altro elemento importante è che siamo basati in modo importante sugli abbonamenti dei lettori: il 50% delle entrate arriva da loro.

Nel 2018 avete inserito nel giornale la figura della “caporedattrice di genere”.

Sì, è Ana Requena, co-fondatrice del giornale, che ha messo in marcia anni fa – quando ancora non si parlava di questa realtà – una sezione dedicata ai micromaschilismi. La questione di genere non è arrivata subito nel giornale, inizialmente eravamo soprattutto uomini, ma abbiamo avanzato molto sul campo della parità.

Quanto è cresciuto dal 2012 ad oggi eldiario.es?

Molto. Noi nascemmo un anno dopo il 15M, si compiono 9 anni a settembre: eravamo 12 in redazione, ora abbiamo 105 persone qui a Madrid, 57 nelle edizioni locali e abbiamo avviato un periodico digitale in Argentina. Oggi siamo il secondo giornale con più abbonati in Spagna, siamo a 63.000.

È stato difficile coprire la campagna delle elezioni del 4 maggio a Madrid?

In 26 anni come giornalista non ho mai vissuto un momento storico così teso come quello degli ultimi mesi intorno alla campagna per le elezioni regionali a Madrid. Una delle anomalie che si è vista qui in Spagna, con il “trumpismo spagnolo” rappresentato da Isabel Díaz Ayuso, è che mentre negli Usa la maggior parte dei giornali si è mobilitata di fronte alle menzogne di Donald Trump e ai dati falsi, qui la maggior parte della stampa è stata a favore di questo trumpismo. La vittoria di Ayuso non si può capire senza il concorso dei giornali spagnoli, che hanno dato per buone le falsità che diceva, validato i suoi dati falsi. Come quelli per cui Madrid avrebbe avuto una miglior situazione economica durante la pandemia, per aver lasciato più aperti bar e ristoranti. Una menzogna: è la terza regione di Spagna dopo Canarie e Baleari con peggiori dati di occupazione. Tutti questi dati sono stati cancellati. Un altro tema che mi preoccupa è la polarizzazione. Si è sentito dire: “la sinistra ha polarizzato tanto come la destra” o “Podemos è come Vox”. E anche questo è falso.