Il Comitato bipartisan che sta indagando sull’insurrezione del 6 gennaio ha reso pubblici degli sms inviati il giorno prima della rivolta al Campidoglio, indirizzati all’ex capo dello staff della Casa bianca Mark Meadows, in cui si delinea un piano per impedire a Joe Biden di diventare presidente.
Ad aver inviato i messaggi è stato il deputato Gop dell’Ohio Jim Jordan, ed uno in particolare contiene i dettagli del complotto per bloccare la certificazione di Biden, redatto da Joseph Schmitz, un ex ispettore generale del dipartimento della Difesa. Schmitz è autore di una «bozza di proposta» per fare pressione sul vicepresidente Mike Pence affinché rifiutasse di certificare i risultati elettorali controllati il 6 gennaio.
Una parte del messaggio è stata divulgata dal comitato e non lascia molti dubbi: «Il 6 gennaio 2021, il vicepresidente Mike Pence, in qualità di presidente del Senato, dovrebbe dichiarare tutti i voti elettorali che ritiene incostituzionali come nulli».

JORDAN è anche colui che aveva inoltrato a Meadows, via email, una presentazione in Powerpoint di 38 pagine intitolata Election Fraud, Foreign Interference & Option for Jan 6th, in cui si illustrava tutto il piano per fare sì che Trump mantenesse il potere appellandosi a una serie di dati e notizie infondate, tra cui il fatto che «i cinesi hanno sistematicamente ottenuto il controllo sul nostro sistema elettorale», in almeno 8 Stati. I membri del Congresso sarebbero stati avvertiti di questa inesistente interferenza straniera e a quel punto Trump avrebbe potuto dichiarare l’emergenza nazionale e annullare i voti espressi tramite voto elettronico.

Il giorno dell’attacco al Campidoglio Meadows aveva ricevuto molte richieste di convincere Trump a intervenire per fermare l’insurrezione, arrivate anche dal figlio del presidente, Don Jr. Il suo sms è di poche righe:. «Abbiamo bisogno di un discorso dallo Studio ovale. Tutto è andato troppo oltre ed è sfuggito di mano. Deve condannare questa merda al più presto».
La risposta di Meadows è stata ancora più succinta: «Sto spingendo al massimo. Concordo».

MEADOWS è l’ultimo ex aiutante di Trump ad essere finito nell’occhio del ciclone, e la divulgazione degli sms arriva dopo l’approvazione da parte della Camera di una risoluzione che chiede al ministero di Giustizia di perseguire l’ex collaboratore di The Donald per oltraggio al Congresso, a causa del suo rifiuto di collaborare con la commissione parlamentare che indaga sull’assalto del 6 gennaio.
Si tratta della seconda volta che il Comitato si rivolge al Dipartimento di Giustizia per chiedere l’incriminazione di uno degli ex collaboratori di Trump chiamati a testimoniare, dopo quella contro l’ex stratega della Casa bianca Steve Bannon. Se la richiesta dovesse venire accolta Meadows diventerebbe il primo capo di gabinetto a essere perseguito dopo aver lasciato l’incarico, dai tempi dello scandalo Watergate.

Meadows e il suo avvocato e hanno fatto causa contro la decisione del Comitato: sostengono che le comunicazioni con il presidente siano coperte – nonostante il parere contrario del Congresso e dello stesso Biden – dal privilegio esecutivo. Quella dell’ex capo dello staff della Casa bianca è però solo una tattica per rallentare i lavori del Comitato fino alle elezioni di midterm, quando i repubblicani confidano di riprendersi la maggioranza al Congresso e smantellare l’inchiesta sul 6 gennaio.