Josep Lobera insegna sociologia all’Università Autonoma di Madrid. Esperto di sociologia della scienza e di studi elettorali e sull’opinione pubblica, tra i primi ha analizzato la relazione tra i movimenti anti-austerità come gli Indignados e quella che ha definito «cristallizzazione elettorale della protesta», così come le trasformazioni dello spazio politico e delle dinamiche elettorali in Spagna. Lo abbiamo incontrato a Madrid per chiedergli un’interpretazione dell’attuale fase politica spagnola, nel decimo anniversario del 15M.

Cosa ha rappresentato il 15M per la Spagna?

Il 15M è uno di quegli eventi che capita raramente in un secolo di storia di un paese e in Spagna, nello specifico, ha rappresentato la mobilitazione più importante dai tempi della transizione democratica. Questo perché presentava caratteristiche eccezionali, che difficilmente rivedremo nel breve periodo. Quello che lo ha reso così speciale è che non è un fenomeno circoscritto ai movimenti sociali ma diviene presto un fenomeno politico, sociale e culturale. Dopo c’è chi ha studiato e si è concentrato sui promotori, sulla natura delle mobilitazioni, la pratica delle acampadas e chi ha studiato e continua a studiare maggiormente gli effetti culturali, ma il 15M è molto di più dei gruppi che lo hanno promosso. Di fatto, i promotori del 15M perdono presto il controllo del movimento stesso.

Quali sono le cause di questa mobilitazione così speciale?

Io credo che il 15M abbia rappresentato il risultato di una tempesta perfetta. Una combinazione di elementi che si incastrano perfettamente. In questa lunga lista potremmo segnalare tra i più importanti il movimento tettonico sotterraneo nell’opinione pubblica che covava da anni. Partendo dalla crisi economica, accompagnata dalle politiche d’austerità, si acutizza una sfiducia fortissima verso i partiti politici, le istituzioni politiche e anche i sindacati. Potremmo dire che è come se si fosse concentrata un’enorme quantità di benzina sociale che si incendia con la prima scintilla. Ecco, il 15M è stato un incendio che ha avviato un ciclo di mobilitazione lungo 3 anni, in cui si è consumata e si è trasformata un’energia presente in molti gruppi sociali, tra persone di sinistra ma anche di centro e di destra.

Quali sono gli effetti del 15M sul sistema politico spagnolo?

Ha rappresentato un terremoto a tutti i livelli del sistema politico. Nel breve periodo i partiti tradizionali hanno scricchiolato, poi hanno reagito cambiando molte delle loro leadership e molte pratiche interne. Hanno introdotto le primarie, i programmi si sono focalizzati contro la corruzione e hanno proposto una maggiore partecipazione e trasparenza. Anche i sindacati hanno reagito fondendosi parzialmente con il 15M e contribuendo a generare le Maree. Nel medio periodo sono nati nuovi partiti come Podemos, Vox e altri partiti territoriali. A seguito delle elezioni europee si è resa la capacità di alcuni di questi partiti, come Podemos, di cristallizzare elettoralmente questa mobilitazione che era già in declino. Da qui inizia una nuova fase, quella del ciclo di mobilitazione istituzionalizzata, che è una continuazione della mobilitazione sociale del 15M strutturata nelle istituzioni.

Secondo alcuni la vittoria del Pp a Madrid e l’uscita di scena di Pablo Iglesias rappresentano la fine di un ciclo politico, cosa ne pensa? Cosa rimane del 15M nella politica spagnola?

Io credo sia meglio parlare di continuità e trasformazioni, nulla si crea né si distrugge, tutto si trasforma. Podemos ha rappresentato una trasformazione di questa forza trasversale in molti settori della popolazione spagnola e Vox rappresenta un altro volto della trasformazione, un parziale fallimento della cristalizzazione elettorale del 15M. Questa trasformazione continuerà, perché l’impronta del 15M è così forte che non si può parlare della chiusura di un ciclo.

Ma qual è la direzione attuale di questa trasformazione?

È difficile da predire anche perché la pandemia sta generando effetti molto forti e sta cambiando molte cose nella società. Molto probabilmente andiamo verso un contesto di maggiore tensione politica, maggiore polarizzazione ideologica e affettiva e quello che abbiamo davanti sarà condizionato molto di più da una logica di blocchi contrapposti: blocco di destra contro blocco di sinistra.

In tutto questo qual è lo stato di salute dei partiti nati dopo il 15M?

Podemos, molto probabilmente, assumerà il ruolo di una Izquierda Unida più ampia ma ridimensionata rispetto alle origini, una sinistra radicale alla sinistra del Psoe. Podemos ha fallito nel suo obiettivo di agglutinare la forza più trasversale del 15M, un progetto che era più errejonista. Probabilmente proprio Íñigo Errejon, dopo il ritiro di Pablo Iglesias dalla vita pubblica, potrebbe avere una seconda opportunità se pur con possibilità molto ridotte rispetto alla prima, perché non si può tornare al 2015. Errejon, probabilmente, proverà a rilanciare un progetto più trasversale, riprendendo lo spirito del 15M e abbandonando l’estetica più di sinistra, tentando di non fare troppa paura agli elettori meno ideologizzati.

E le piattaforme territoriali capaci di conquistare municipi importanti come Madrid e Barcellona sopravvivono? Come sono cambiate?

Hanno assunto un’altra forma e cambieranno ancora, ma continuano ad essere forti a livello locale in molti territori. Ada Colau è ancora sindaca di Barcellona, Mas Madrid continua ad essere forte nella comunità di Madrid, dove nelle recenti elezioni ha superato lo stesso Psoe. Probabilmente nessuna di queste esperienze ha compiuto l’ambiziosa missione di essere una forza maggioritaria e più trasversale ma continuano ad essere forti. Di fatto, il sorpasso di Mas Madrid sui socialisti nella comunità di Madrid risulta simbolicamente molto importante.