Una sola grande e irreversibile controindicazione potrebbe avere per il lettore prendere in mano Resilient di Marco Gualazzini (Contrasto editore, pp. 192, euro 29), quella di essere risucchiato, pagina dopo pagina, fotografia dopo fotografia, in un mondo tanto fantasmatico, sofferente e inquietante quanto corporeo, materico e pulsante di umanità. Da qui il titolo del volume, che per immagini potenti e brevi didascalie narra le storie di un continente martoriato – quell’Africa che l’autore ha conosciuto e testimoniato in dieci anni di reportage vissuti sulla pelle con l’amico e collega Daniele Bellocchio, facendo sua la deontologia professionale e umana di Kapuscinsky in Autoritratto di un reporter – imprimendolo nei suoi scatti, assorbendone l’essenza e restituendocela con una prima mostra personale e con questo volume, cruda e violenta, onesta, immediata e fendente.

Quelle narrate da Resilient sono le storie degli ultimi, dei perseguitati, dei fuggiaschi e dei condannati, delle vittime e dei loro aguzzini, quelle stesse storie che ormai quasi quotidianamente ci arrivano in casa attraverso i tg, ma che alcuni preferirebbero poter lasciare in alto mare, non sentire e non vedere. E allora il pericolo che questo libro ce le imprima silenziosamente nell’animo senza passare per una presa di posizione politica urlata in piazza e per l’ennesima strage in mare c’è, a noi la scelta se ignorarlo o abbracciare il rischio di esserne irreversibilmente coinvolti.

CHI FARÀ QUESTA SCELTA e oltrepasserà la copertina, troverà una sequenza di racconti fotografici che costringono a fissare a lungo quei volti senza distogliere lo sguardo. E poi a girar pagina, a cercare in altri occhi, altri volti e altre storie un’essenza vitale che resiste alla barbarie, che non si spegne nonostante l’atrocità di guerre e catastrofi naturali, che sopravvive al nostro Occidente opulento e autoreferenziale e ce ne presenta il conto. Dalle opere di Gualazzini (riduttivo chiamarle fotografie, così dirette e suggestive nel loro nitore formale che nemmeno ne tenteremo in questa sede una trattazione estetica) prendono vita le storie di un’umanità reietta, uomini e donne nella loro individualità e universalità al tempo stesso.

Potrà capitarci allora di venire catapultati nella realtà del Sud Sudan attraverso la visione di bambini che giocano tra i relitti di un bombandiere nel campo profughi di Yida, con i suoi 68mila rifugiati dalle montagne Nuba, esuli di una guerra dimenticata che dal suo inizio nel 2011 non ha ancora stime ufficiali delle vittime.

TAVOLE DI LEGNO CORANICHE tradizionali appoggiate nella semioscurità ad una parete spoglia in una Madrasa somala a Mogadiscio e una giovane lettrice in un angolo sotto un fascio di luce, ci immergeranno nel campo profughi di Onat, dove vivono settecento famiglie e dove i maestri del Corano insegnano i principi dell’Islam alle nuove generazioni dopo anni di dittatura «eretica», ricostruendo tutto dalle fondamenta, inclusa la fede religiosa. Poche pagine dopo il ritratto di una giovane donna ricoverata per un sospetto caso di malaria ci porterà a Bol, in Ciad, dove in seguito all’acuirsi della guerra con Boko Haram e delle violenze commesse dagli islamisti il contagio dell’Hiv cresce in maniera esponenziale.

LA MAGGIOR PARTE di questi crimini, se non la loro totalità, rimangono impuniti o non vengono nemmeno denunciati dalle donne vittime di abusi, per paura delle ripercussioni sociali e di esser ripudiate dai loro mariti. Paese africano fra i più poveri al mondo, il Ciad è afflitto dal terrorismo jihadista e dalla desertificazione: la sabbia avanza e i pescatori e contadini che non hanno da vivere diventano facile preda del reclutamento degli estremisti, come raccontato dall’illuminante reportage degli stessi Gualazzini e Bellocchio recentemente apparso su L’Espresso.

«Una Spoon River fotografica e tropicale da guardare con occhi nuovi, capaci di stupirsi, indignarsi e anche commuoversi», definisce l’opera Daniele Bellocchio. E, ancora secondo le sue parole: «… Resilient non è un semplice libro e neppure un libro semplice, è responsabilità dell’assistere, è obbligatorietà di testimonianza, è il libro di un continente, prima vissuto e poi raccontato, ed è il libro di uomini, donne e bambini protagonisti nell’epica della vita di ogni giorno».

Resilient sarà presentato domani a Milano alla presenza dell’autore, in occasione dell’inaugurazione della mostra omonima presso la Fondazione Forma per la Fotografia (Via Meravigli, 5)