A gli inizi di maggio (il 6) su questo giornale Filippo Barbera ha introdotto nel lessico politico un’icastica espressione, «sinistra per procura», per indicare la risultante di un’operazione condotta dai margini «coraggiosi» del campo largo onde immettere contenuti di pensiero e azione radicale nel corpo centrale della coalizione. Vorrei aggiungere qualche altra considerazione a quelle, già critiche, di Barbera. Può una «sinistra per simmetria» funzionare davvero come «sinistra per procura»?

Dipende dalle possibili utilità marginali. La «sinistra per simmetria, infatti, proprio come nella teoria economica detta (impropriamente) neoclassica, che è poi il fondamento della sua pratica di politica economica e sociale, ha nei «margini» la possibilità di cercare il profitto della propria azione di imprenditoria politica. Come in tutte le strutture consolidate in processi di lungo periodo, nel nostro caso trent’anni, l’equilibrio del nucleo centrale non è mai in discussione, ciò significherebbe un inconcepibile e radicale mutamento di paradigma. Ai margini, però, possano essere affidate variabili autonome. Naturalmente non fino al punto di risultare contraddittorie con l’impianto sorrettivo della struttura.

È questo il punto dirimente, perché sono le ragioni profonde della struttura politica a determinare le bande di oscillazioni marginali e, dunque, il movimento ai margini non può appartenere altro che alla dimensione della tattica. Della tattica, appunto, è il modo di sollevare un’aura suggestiva che sollecita pensiero desiderante, ma, nello stesso tempo, conserva lineamenti sfumati, rimane avara di indicazioni sui percorsi e rifugge da far ricorso a dati di fatto.

È un dato di fatto che il Pd sia oggi la più seria e motivata forza politica della maggioranza a sostegno del programma di un grand commis del capitale finanziario in ogni ruolo esercitato nella sua lunga e luminosa carriera. Il Pd condivide del tutto un programma e un’azione di governo nei quali politica economico-sociale interna e ordine internazionale sono coniugati e garantiti dalla visione «Occidentale» e dalla forza Usa-Nato. La coppia Draghi-Guerini (quest’ultimo già vicesegretario del Pd) ha ben rappresentato nell’incontro di Ramstein, enclave statunitense in territorio tedesco, la convinta partecipazione italiana a quella concezione dell’ordine internazionale.

«A historic meeting», come ha definito l’incontro il ministro della difesa statunitense che lo ha convocato. Si è trattato, infatti, di un vero e proprio consiglio di guerra le cui decisioni comportano un salto di qualità nel conflitto e trascendono ormai, senza cancellarle ovviamente, le logiche del confronto militare tra aggressore e aggredito. Una guerra in cui l’Italia di Letta e Draghi è cobelligerante.

Il nucleo centrale della «sinistra per simmetria» si configura come un insieme coeso, coerente in quei fondamenti che legano la dimensione interna e quella esterna degli equilibri neoliberali così come concepiti dall’ «Occidente». L’«Occidente» delle oligarchie economico-politiche, non quello della grande tradizione critica dei presupposti di tali poteri. Le utilità marginali, quindi, si giocano su uno spazio molto ristretto; sono davvero «marginali» e non nel senso della teoria economica, bensì nel senso che riguardano solo la nebulosa leggerezza delle parole e non la dura pesantezza delle cose.

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In fondo abbiamo davanti agli occhi un esempio elettoralmente riuscito del movimento dei «coraggiosi», prima ai margini e poi inserito al centro dell’esercizio del potere politico in una regione importante come l’Emilia-Romagna. Si è verificata una qualche inversione di tendenza sugli aspetti strutturali delle politiche di Bonaccini e del suo partito? Particolarmente indicativa al proposito la questione dell’autonomia differenziata di cui Bonaccini è uno dei principali sostenitori.

Poco più di un mese fa Zaia, che giustamente rivendica al referendum veneto del 2017 l’aver aperto la strada al percorso dell’autonomia differenziata, ha affermato che tale obbiettivo «è sempre più realtà», e che «siamo arrivati all’ultimo miglio». L’autonomia differenziata è, a livello regionale, il rispecchiamento della ragione neoliberista, il cui tratto distintivo consiste nella messa in concorrenza di tutti i fattori che direttamente o indirettamente producono plusvalore: aree geopolitiche ben comprese.

L’Europa di Mastricht, dove uno spazio formalmente unito è in realtà concepito e praticato come luogo di Stati messi in concorrenza, dove le vittorie di alcuni sono sconfitte per altri, ne è un esempio perfetto. Se l’iter andrà a buon fine l’Italia che ne uscirà avrà incorporato Mastricht al suo interno. Si avrà un’inevitabile concorrenza con gli altri sistemi-regione per l’ottimizzazione delle proprie risorse.

Risulta forse che i «coraggiosi» emiliano-romagnoli, detentori della vicepresidenza in regione, abbiano ingaggiato una qualche decisiva battaglia per evitare tali esiti? I subalterni nel nostro paese non hanno bisogno né di una «sinistra per simmetria», né di una «sinistra per procura», ma solo di una sinistra capace di ridare senso alle ragioni di quella lunga storia di antitesi ad uno stato di cose che ribadisce costantemente la loro subalternità.