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«Un vecchio morbo che conosco bene»

«Un vecchio morbo che conosco bene»

Ágnes Heller In Ungheria il razzismo verso gli ebrei è sempre esistito. La novità di oggi è che sta crescendo pericolosamente in tutto l’Occidente. Ed è un problema che chiama in causa anche la sinistra

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 15 marzo 2019

Nata a Budapest nel 1929, filosofa, massima esponente della «Scuola di Budapest», corrente filosofica del marxismo critico, Ágnes Heller è oggi anche una delle voci più autorevoli nell’ambito della critica al sistema di potere creato da Viktor Orbán. Su questo argomento ha scritto il libro «“Orbanismo. Il caso dell’Ungheria: dalla democrazia liberale alla tirannia», edito da Castelvecchi, che verrà presentato domani a Roma, all’Auditorium Parco della Musica. Scampata all’Olocausto, è comunque testimone di una delle pagine più tristi della storia d’Ungheria e oggi ci incontra per parlare dell’antisemitismo nel paese in cui è nata e nel resto d’Europa.

Possiamo dire che l’antisemitismo è cresciuto ultimamente in Ungheria e in tutta Europa?
In tutta Europa la situazione è peggiorata, e questo lo sappiamo, in Ungheria non ha di che crescere perché qui l’antisemitismo è sempre esistito e continua ad esistere.

A cosa si deve, a suo avviso, questo ritorno così forte dell’antisemitismo nel Vecchio Continente?
Non saprei rispondere bene a questa domanda, perché le cause del fenomeno possono essere diverse. Davvero, mi è difficile rispondere, posso dire che un po’ in tutti i paesi si è verificata una crescita dell’antisemitismo ma le cause sono diverse. In Francia esso è aumentato per determinate ragioni, in Germania per motivi ancora diversi. Nella vecchia Germania orientale la gente non ha mai fatto i conti con questo argomento, lì questo aspetto e la storia dell’Olocausto, non sono mai stati elaborati. In Germania occidentale sì, ma in quella orientale no, è soprattutto lì che è aumentato l’antisemitismo. In Francia questo fenomeno cresce soprattutto fra quella parte di popolazione di origine nordafricana, algerina e marocchina, per esempio. In Inghilterra c’è antisemitismo all’interno del Partito laburista, ma non ne conosco le ragioni. E questi sono solo alcuni esempi. L’argomento è molto complesso e non riesco a dare una risposta a questa domanda anche perché esistono diverse forme di antisemitismo. Quello di destra è un antisemitismo di vecchio tipo, che si basa sulla visione secondo la quale gli ebrei hanno sempre più successo, sono più ricchi, hanno più potere, controllano il mondo, sono sempre loro a decidere tutto e questo è, come dire, l’antisemitismo di tipo tradizionale. Quello di tipo nuovo si basa invece sull’odio verso Israele, che non è legato veramente alla critica al governo israeliano, perché se così fosse si userebbe lo stesso metro anche in altri casi.

Quali?
Voglio dire che se si boicotta Israele per il conflitto con i palestinesi, perché non boicottare anche la Turchia vista la situazione difficile dei curdi che per certi versi non ha pari neanche in Israele? Nessuno prende l’iniziativa di boicottare la Turchia e ciò dimostra che la critica verso Israele è basata su un’ostilità di fondo verso gli ebrei. Questo è il nuovo tipo di antisemitismo che non è caratteristico dell’Ungheria dove l’ostilità nei confronti degli ebrei è sempre stata quella, diciamo tradizionale, di destra. In Francia è diverso perché ha una connotazione anti-israeliana.

Cosa possiamo dire a proposito delle radici storiche dell’antisemitismo europeo?
Tutto sommato credo che le radici dell’antisemitismo siano simili in tutta Europa. È importante considerare l’influenza della religione cristiana e della Chiesa in questo fenomeno. Il messaggio era che gli ebrei avevano ucciso Cristo, avevano ucciso Dio. Quindi da lì si è sviluppato un antigiudaismo con radici religiose, e a un certo punto sono venuti meno i legami tra cristianesimo e giudaismo. L’antisemitismo non è la stessa cosa e non ha necessariamente origini religiose ma può essere determinato e alimentato da cause di diverso genere. Prendiamo ad esempio la Polonia del XIX secolo, gli ebrei non erano amati perché non mangiavano con gli altri, i loro figli non giocavano con quelli dei polacchi, non frequentavano scuole polacche, non parlavano polacco. Quando hanno iniziato a parlare polacco e a frequentare le scuole polacche sono iniziati problemi anche peggiori e si è affermata la convinzione che gli ebrei si arricchissero alle spalle dei polacchi, che prendessero tutto. C’era insomma sempre un motivo per criticare gli ebrei. In Polonia l’antisemitismo è sempre stato molto forte.

Tornando alla situazione israelo-palestinese, crede che il conflitto in atto tra le due parti in questione stia contribuendo alla crescita dell’antisemitismo in Europa?
Guardi, come dicevo prima, se i figli degli ebrei non mangiano con quelli dei non ebrei è un problema, se mangiano insieme è un problema, se frequentano scuole diverse è un problema, se frequentano la stessa scuola è un problema. È così da molto tempo. Ora, il problema è che Israele opprime gli arabi. Le parti sono in guerra, lo sappiamo. È ovvio che in questa situazione non mostrino il loro volto migliore ma, d’altra parte, cosa succede in Turchia con i curdi? E però nessuno prende posizione.

A suo giudizio l’attuale politica di Orbán incoraggia l’antisemitismo in Ungheria?
La politica di Orbán non diffonde né stimola l’antisemitismo, ma neanche la lotta all’antisemitismo. Orbán non crede in niente, non lo si può definire antisemita e sfrutta il filone delle radici cristiane solo come strumento di potere. Può ricorrere a mezzi antisemiti se questo può agevolarlo nella gestione e mantenimento del potere. I manifesti affissi ai muri delle città ungheresi contro Soros hanno uno sfondo antisemita, ma non perché Orbán odi gli ebrei o Soros, ma perché gli fa comodo descrivere quest’ultimo come essere diabolico. Si tratta solo di uno strumento, e lui usa tutti i mezzi che ritiene utili alla gestione del potere. Ora fa ricorso alla retorica delle radici cristiane nel confronto con l’Ue per una questione di comodo, l’odio non ha nulla a che vedere con tutto ciò.

Dove ci può portare questo antisemitismo?
Da nessuna parte. L’antisemitismo esiste da tempo in Ungheria. Esso è cresciuto soprattutto dopo la Prima guerra mondiale, quando l’Ungheria è diventata uno stato nazionale. Alla fine del XIX secolo, nella parte austriaca della monarchia, c’era un antisemitismo più accanito. Allora l’Ungheria non poteva dirsi antisemita, non era neanche una terra in cui regnasse il liberalismo, certo, ma il governo simpatizzava con gli ebrei, nel partito governativo di allora c’erano diversi membri ebrei, quello è stato un periodo d’oro per questi ultimi. Con il Terrore bianco, dopo la Prima guerra mondiale, c’è stato il primo vero attacco contro gli ebrei, con i primi pogrom. Stiamo parlando del 1920. Durante l’epoca di Horthy c’era un forte antisemitismo in Ungheria che non esisteva solo a livello popolare, perché nel suo governo c’erano anche diversi ministri antisemiti. Da allora le cose non sono cambiate: l’antisemitismo è sempre stato forte e continua a esserlo.

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