La proposta di lavorare per un nuovo centro-sinistra di Asor Rosa (il manifesto15/06) aiuta certamente la sinistra e il paese a ragionare. Questa proposta segnala di fatto che il centro-sinistra, che abbiamo costruito in tanti, è irrimediabilmente svanito e con lui l’idea di partito che lo racchiude e lo rappresenta, cioè il Pd. A dissolverlo ci ha pensato Matteo Renzi. Credo, tuttavia, che la sua fine sia cominciata prima. Il momento esatto dell’inizio del suo superamento è avvenuto nella fase del governo Monti, cioè quando il Pd, che rappresentava il grosso della sinistra italiana, ha accettato prima, e poi sostenuto contro ogni logica di interesse nazionale, le politiche antisociali e rigoriste della Troika europea.

Gli effetti sociali sono stati devastanti per i lavoratori, le donne e i giovani, il Mezzogiorno, i ceti medi, gli anziani, la piccola e media impresa, per il mondo della ricerca e dell’innovazione. Il disastro è arrivato proprio quando, con Bersani, avanzava una rinnovata critica alle diseguaglianze, alla svalorizzazione del lavoro, alla riduzione dei diritti propri del liberismo. E’ in questo momento che nel Pd sono prevalse le forze moderate e centriste tanto da fargli perdere e smarrire la sua collocazione nazionale ed europea di rappresentante delle forze del lavoro e popolari.

Risentimenti e sfiducia di milioni di persone hanno determinato l’astensionismo e l’esplosione del movimento inventato da Grillo. In un attimo c’è stato uno spostamento elettorale enorme, una rottura inaspettata. Movimento ancora in atto. Renzi, poi, mal consigliato, col patto del Nazzareno ci ha messo il carico da undici, ma anche qualcosa in più e di pericoloso: il dileggio dei sindacati e le restrizione dei diritti del lavoro, la legge elettorale funzionale ad una democrazia delle oligarchie, la manomissione della Costituzione, l’umiliazione del Parlamento, la contro riforma della scuola e altre cosette come lo sblocca Italia, le trivellazioni, il commissariamento di Roma ecc..

E non c’è bisogno di ricordare che nonostante tutto ciò il paese ancora non è uscito dalla crisi, che il futuro è incerto e che le condizioni di vita e di sicurezza sociale si sono ulteriormente abbassate. Come uscire dalla crisi è questione tutta aperta. Qui si gioca la partita del consenso, della proposta politica e della funzione di classe dirigente delle forze popolari e della sinistra che dovrebbe rappresentarle.

Se apriamo questo tipo di riflessione allora il problema della costruzione di un nuovo centro sinistra appare di grande portata, esce dal conservatorismo di parte e dall’asfissia politicista. Esce dal recinto dei partiti dati. Le parole sinistra e centro diventano meno generiche e riprendono il loro significato, danno volto ai bisogni e alle aspirazioni dei soggetti sociali e popolari, alle forze della cultura e ai partiti, non più gli stessi.

La questione di fondo è se sia possibile mettere in pista un nuovo centro sinistra che non sia anche la rappresentanza di un nuovo e largo consenso popolare che oggi non solo manca ma che si assottiglia paurosamente nei confronti del vecchio. Fornire una base sociale ampia al nuovo centro sinistra richiede, però, una innovazione a sinistra in termini di soggettività, di autonomia rispetto alle politiche europee, in termini di collocazione sociale e politica nettamente dalla parte degli interessi del paese che si coniugano con quelli del lavoro e dei ceti medi, in termini di partecipazione e concezione della politica, in termini di fuori uscita dal capitalismo finanziario-liberista per uno sviluppo sostenibile che non distrugge le risorse umane e naturali ma le libera e le tutela.

Parlare di nuovo centro-sinistra significa anche fare una ricognizione dell’oggi, partendo dalla comprensione di quello che è avvenuto nel sistema politico e cioè: distacco delle forze popolari dal Pd moderato e centrista, plebiscitario e populista; milioni di persone votano il Movimento 5 Stelle, che con tutti i suoi limiti, anche gravi, non è un pericolo per il sistema democratico ma una critica in atto (l’interessante richiamo che c’è nell’articolo a Giovanni Gentile, lo riserverei anche al partito che vuole inglobare in se società civile e Stato, accentrare le funzioni di partito e di governo in un uomo solo, che pratica e predica la negazione del dialogo sociale e delle forze intermedie, che ha un regime interno plebiscitario ed elettoralistico preoccupante); il centro destra, poi, tende a dividersi tra centro moderato e pulsioni lepeniste; è in formazione, e qui c’è la novità, una sinistra popolare critica delle ricette liberiste e che punta al governo del paese. E poi c’è la grande novità valoriale di Papa Francesco che certo non collima col vecchio centro sinistra.

In questo quadro le elezioni amministrative sono un passaggio di una certa importanza, in cui si misurano i limiti delle esperienze e di visione del governo delle città da parte del Pd. Esse precedono il voto referendario che nell’ipotesi di una vittoria dei si, cementerà un micidiale blocco antidemocratico rappresentato dalla legge elettorale con la manomissione della Costituzione. Il ragionamento sul nuovo centro sinistra rischia di essere sminuito dalla vicenda delle amministrative. Ora, e dico la mia, a me pare incoerente e poco comprensibile per chi vuole uscire dalla crisi da sinistra, anche al netto delle realtà locali che almeno per Roma aggravano ogni giudizio politico sul Pd, continuare a conservare ciò che si dovrebbe superare.

* Portavoce dell’associazione Futuro a Sinistra