Una delle componenti più vistose del consumo di suolo e del degrado eco-paesaggistico che investe ampie porzioni del territorio nazionale ed esaspera le ricadute critiche della crisi climatica è costituita dall’edificazione abusiva. Un attento ed aggiornato approfondimento del fenomeno è presentato in Territori dell’abusivismo. Un progetto per uscire dall’Italia dei condoni, curato per Donzelli (pp. 378, euro 35) da tre giovani urbanisti, Francesco Curci, Enrico Formato e Federico Zanfi, quale primo rapporto di una rete di ricerca promossa e coordinata dagli stessi presso diverse Università italiane con il sostegno della Società Italiana degli Urbanisti.

IL VOLUME propone uno degli ultimi scritti di Carlo Donolo dove affronta e sottolinea le difficoltà tassonomiche e semantiche legate alla prospezione e definizione di «regole di riordino» dei contesti segnati dall’abusivismo, in un momento in cui appaiono assai incerte quelle più generali del gioco politico e decisionale.
Il «sano pragmatismo nella Società Giusta», che doveva guidare le sorti del mercato sociale e dei suoi risvolti spaziali con l’urbanistica concertata, è inoltre difficile da incontrare in un contesto segnato da un «iperliberismo finanziarizzato» che ha condizionato tanta pratica urbanistica negli anni recenti.

LA FINANZA ha inoltre reso assai problematico l’agire secondo i dettati di «regole comuni su valori condivisi». Cristina Bianchetti sottolinea invece «i modi con i quali è stato rappresentato l’abusivismo sono legati alla definizione di confini in continuo movimento, tra scritture giuridiche, strategie negoziali, normative che definiscono (…) cosa è abuso e cosa non lo è, cosa è utile, cosa necessario». In questo quadro il fenomeno dell’abusivismo «è quasi sempre trattato entro un’ottica indulgente o per lo meno evocativa (…). Quello che tende a scomparire in questo gioco di ricezioni è la città nel senso lefebvriano, come città dei diritti».

DIRITTI E VALORI spariti o vanificati spesso nei modi recenti in cui si sono effettuate le trasformazioni urbanistiche o ambientali. L’incertezza e la debolezza dei quadri decisionali, in generale e sul tema, hanno favorito la continuità tra distorsioni della govenance, azioni speculative e penetrazione della criminalità nella gestione, agevolata anche dalla vacuità di norme che tendevano spesso a essere vane, quali burocraticismi o formalismi vuoti. Sulla pervasività della mafia nel controllo del territorio Daniela De Leo offre un quadro ampio; mentre Andrea Alcalini racconta il caso specifico del Parco Faber a Castel Volturno.

UNA TRACCIA prospettica utile ad affrontare il tema del recupero dei territori abusivi ed in generale della ri-territorializzazione è tuttavia offerta dalle più recenti esperienze di pianificazione paesaggistica, come sottolinea nel suo contributo Angela Barbanente, già assessore al territorio in Puglia.

I casi raccontano brani più o meno ampi e significativi di diverse tipologie di territori nazionali consumati e stravolti dall’abusivismo: le piane delle «città diffuse» (Formato illustra il caso di Bacoli nel Napoletano), le periferie urbane di Bari (Curci), i casi di rischio idraulico e geomorfologico, come a Casoria (Anna Attademo), diversi esempi di paesaggio costiero stravolto (Castel Vetrano, Castrignano del Capo a Santa Maria di Leuca, Polignano a Mare nel barese), anche da un turismo senza servizi (Maracalagonis nel cagliaritano). Vincenzo Gioffrè sottolinea i lineamenti anche quantitativi di una Calabria «capitale di una cementificazione inutile e dannosa» e prospetta l’esigenza anche generale di riusare quello che altrimenti si configura come un disastroso spreco sociale ed ambientale.

Alcuni casi tra cui quello di CastelVetrano (Di Figlia e Fucile) pongono l’ineludibilità della partecipazione degli abitanti per un consistente innesco di processi di riqualificazione.

LE PROSPETTIVE di recupero muovono dalla necessità di una svolta nel sistema politico e nelle politiche urbanistiche: sulla base delle nuove domande di qualità ambientale, si possono articolare, per contesti, le azioni di riuso e riqualificazione: inquadramento eco paesaggistico degli ambiti può fornire utili linee guida per distinguere tra riutilizzo e demolizioni con ripristino dei luoghi.

Tenendo conto delle capacità gestionali locali, ma anche dell’azione sociale (le sole amministrazioni risultano spesso troppo deboli per invertire tendenze consolidate) si può procedere ad operazioni di riuso e rigenerazione, più ecourbanistiche che marcatamente edilizie, dei comparti abusivi.