Il premier Mario Draghi ha firmato ieri il Dpcm che riconosce la protezione temporanea ai profughi ucraini. Si tratta di un passaggio dovuto dopo che il 4 marzo scorso al Commissione europea ha approvato una delibera che per la prima volta in venti anni permette di fatto il riconoscimento automatico dello status di rifugiato alle vittime dell’invasione russa. Questo significa che gli ucraini potranno muoversi liberamente all’interno dell’Unione europea, avere un permesso di lavoro e accesso al servizio sanitario, ma anche poter iscrivere i figli a scuola, cosa che di fatto già avviene in molti comuni. Per quanto riguarda i numeri, a ieri i profughi arrivati nel nostro paese sono 75.115, 1.217 in più rispetto a lunedì. Di questi 38.735 sono donne, 29.222 minori e solo 7.158 gli uomini. 475 sono invece i minori arrivati da soli, senza la presenza di un adulto.

Tra le principali destinazioni ci sono infine Milano, Roma, Bologna e Napoli. «Non mi sembra che ci sia una difficoltà di gestire numeri che attualmente sono gestibili» ha detto ieri la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese, aggiungendo che il governo sta pensando di «dare contributi anche a coloro che accolgono in casa, in famiglia, perché molti vanno in casa di parenti e amici».
Ed è proprio questa la particolarità degli ucraini che arrivano in Italia. Fino a qualche giorno fa erano appena 5.000 quelli entrati nel sistema di accoglienza, con tutti gli altri che hanno invece scelto di appoggiarsi a familiari o conoscenti. Una tendenza che prosegue anche oggi, con in più la voglia di rendersi autonomi.

Proprio per questo ieri il capo della Protezione civile Fabrizio Curcio ha firmato un’ordinanza che prevede per tutti gli ucraini che abbiano fatto richiesta di protezione temporanea un contributo di sostentamento «una tantum» di 300 euro mensili per ogni adulto e di 150 euro per ogni minore per un periodo massimo di tre mesi a partire dalla data di ingresso in Italia. Il denaro verrà erogato in contanti da un istituto di credito previa presentazione del documento di identità e la ricevuta della richiesta di protezione temporanea rilasciata dalla Questura. «La logica del contributo di sostentamento – ha spiegato Curcio – nasce come richiesto dai territori e dalle comunità, consente di sostenersi a coloro che hanno trovato una soluzione di accoglienza parentale o amicale. Ovvero a stragrande maggioranza delle 75 mila persone accolte finora che si trova ospite di amici e parenti».

Per il capo della Protezione civile si tratta anche di portare avanti «un modello integrato tra il classico sistema di protezione civile con altre tipologie di attività». Un esempio è proprio il contributo di sostentamento, ma anche la cosiddetta accoglienza diffusa. «Si tratta – ha spiegato Curcio – di una nuova forma di accoglienza attuata da comuni, enti del terzo settore in forma allargata con i centri dei servizi per il volontariato, gli enti religiosi, insomma tutto quello che conosciamo come settore no profit che si occupa del sociale.U settore nel quale il governo conta di raccogliere fino a 15 mila posti letto. Ancora Curcio: «Stabiliamo i criteri di accoglienza, le tariffe massime previste pro capite e per die (che dovrebbero ammontare a 33 euro al giorno, ndr), passando poi alla valutazione di queste disponibilità fino alla stipula di una convenzione per singolo ente che ci consentirà di attivare questi posti a livello territoriale».

Varata, infine, la piattaforma «Offro aiuto» per la raccolta coordinata di offerte a supporto delle esigenze di accoglienza.