Quella di ieri, con la «visita di cortesia» di papa Francesco al grande ayatollah Sayyid Al-Sistani, è stata la giornata centrale del viaggio apostolico di Bergoglio in Iraq.

Un incontro fra due leader religiosi, ma con un profondo significato diplomatico e politico: il primo faccia a faccia fra un pontefice romano – che peraltro mette piede per la prima volta in Iraq – e la massima autorità dell’islam sciita (200 milioni di fedeli in tutto il mondo, su 1 miliardo e 800 milioni di musulmani); ma anche la prima volta che Sistani riceve in casa propria un capo di Stato occidentale – come ha ben spiegato Alberto Negri ieri sul manifesto –, perché Bergoglio è anche questo.

Atterrato alle 8.20 (le 6.20 in Italia) a Najaf, terza città santa dell’islam dopo La Mecca e Medina e luogo in cui è sepolto Alì – cugino e genero del profeta Maometto, quarto califfo e primo imam degli sciiti -, papa Francesco è stato ricevuto nella residenza di Al-Sistani, dove si è svolto tra i due un colloquio privato di tre quarti d’ora.

IL PONTEFICE «HA SOTTOLINEATO l’importanza della collaborazione e dell’amicizia fra le comunità religiose perché, coltivando il rispetto reciproco e il dialogo, si possa contribuire al bene dell’Iraq, della regione e dell’intera umanità», ha riferito il direttore della sala stampa della Santa sede, Matteo Bruni.

«L’incontro – ha proseguito – è stato l’occasione per il papa di ringraziare il grande ayatollah Al-Sistani perché, assieme alla comunità sciita, di fronte alla violenza e alle grandi difficoltà degli anni scorsi, ha levato la sua voce in difesa dei più deboli e perseguitati, affermando la sacralità della vita umana e l’importanza dell’unità del popolo iracheno».

Più denso il comunicato diffuso al termine dell’incontro da parte dell’ufficio di Sistani. L’ayatollah sciita si è rivolto ai leader religiosi e spirituali, affinché «esortino le parti interessate, specialmente le grandi potenze, a dare priorità alla ragione e alla saggezza, rinunciando al linguaggio della guerra»; e operino per porre fine alle grandi «tragedie» dell’umanità, ovvero «soppressione delle libertà fondamentali, assenza di giustizia sociale, guerre, atti di violenza, embarghi economici e sfollamento di molti popoli nella nostra regione che soffrono, in particolare il popolo palestinese nei Territori occupati».

MA AL-SISTANI HA PARLATO direttamente anche alle «grandi potenze» – evidentemente quelle occidentali – perché «non mettano prima i propri interessi a discapito dei diritti dei popoli di vivere in libertà e con dignità». Parole simili a quelle pronunciate il giorno prima da Francesco nel palazzo presidenziale di Baghdad, indirizzate alla comunità internazionale: continui ad aiutare e a cooperare con l’Iraq, ma «senza imporre interessi politici o ideologici» e mettendo da parte il proprio tornaconto.

E RIVOLGENDOSI AI CRISTIANI in Iraq (meno di 400mila, un terzo rispetto a vent’anni fa), Sistani ha detto: «Siete parte di noi», «i cristiani, così come tutti i cittadini iracheni, devono vivere in pace e in sicurezza».
Commentato in termini positivi dalla stampa islamica, l’incontro di ieri è stato il primo passo di un dialogo con l’islam sciita che può considerarsi ufficialmente avviato e che potrebbe portare, in futuro, alla sottoscrizione di un documento comune, come quello sulla «fratellanza umana» firmato nel febbraio 2019 ad Abu Dhabi fra papa Francesco e Ahmed Al-Tayyeb, grande imam di Al-Azhar e massima autorità dell’islam sunnita.

L’obiettivo finale è quello di un’alleanza fra i grandi monoteismi per mettere al bando ogni legittimazione religiosa di violenze e conflitti.

IL SECONDO MOMENTO importante della giornata è stato l’incontro interreligioso nella Piana di Ur, l’antica città sumera da dove, secondo la tradizione, sarebbe iniziato il viaggio verso la terra promessa di Abramo, il «patriarca di tutti i credenti», comune alle fedi ebraica, cristiana e islamica. Dalle letture liturgiche (un brano della Bibbia e una sura del Corano), dalle testimonianze (di due giovani studenti musulmano e cristiano, un docente universitario sciita e una donna di religione mandea) e dal discorso del papa è emerso un forte appello alla pace e alla fratellanza fra i popoli. «Dio è misericordioso, l’offesa più blasfema è profanare il suo nome odiando il fratello. Ostilità, estremismo e violenza non nascono da un animo religioso: sono tradimenti della religione», ha detto Francesco.
IL PAPA POI HA DENUNCIATO «la corsa a rafforzare gli armamenti» («spade e lance» non solo non sono state trasformate in «aratri e falci», ma «sono diventate missili e bombe»), «ad erigere muri» e a depredare la Terra, «nostra casa comune». Ma qui più che agli iracheni parlava alle potenze occidentali.
Oggi tappa nel Kurdistan iracheno, domani il rientro a Roma, in Vaticano.