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Un altro drone ucraino: guerra più larga di 1.000 chilometri

Un altro drone ucraino: guerra più larga di 1.000 chilometriKramatorsk, una donna prepara un tè mentre le persone caricano i loro telefoni con l'aiuto di generatori in un edificio scolastico foto Ap

Il limite ignoto Russia colpita ancora, incendio alla base di Kursk. Il raggio d’azione ormai arriva a Mosca

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 7 dicembre 2022

È successo di nuovo, poche ore dopo la prima volta. All’alba di ieri mattina, un altro amministratore russo ha scritto sui social che la sua città era stata colpita da droni ucraini, arrivati a bersaglio ben al di fuori del proprio territorio nazionale. Nell’aeroporto della città di Kursk è saltato in aria un deposito di carburante, ha detto il governatore regionale Roman Starovoyt, niente vittime ma un pennacchio di fumo che al sorgere del sole è diventato visibile per centinaia di chilometri – e Kursk è a circa 180 chilometri dal confine ucraino. La guerra si allarga, ogni giorno un po’.

L’AEROPORTO di Kusrk-Vostochny è una base aerea per i caccia Sukhoi Su-30, che hanno preso parte alle incursioni in Ucraina e coperto le batterie russe che bombardavano il paese. Come le basi aeree di Engels e di Dyagilovo colpite da droni ucraini il giorno prima, e “casa” dei temuti bombardieri pesanti Tu-160 che ora dovranno essere ridislocati un po’ più lontano.
Ma quanto lontano? Secondo i russi, a colpire l’altro giorno due aeroporti militari a cinquecento chilometri dal confine – e presumibilmente anche il terzo, ieri, che dista pur sempre duecento chilometri dall’Ucraina – sono stati vecchi droni di fabbricazione sovietica riadattati e muniti di una guida Gps, cosa che secondo fonti ucraine porta la distanza utile per colpire a circa 1.000 chilometri. C’è anche Mosca, nel raggio di quei mille chilometri. Non si può chiamarla escalation, avvertono gli esperti militari sui social, quelli veri e quelli improvvisati. Ma allora come chiamarla?

IN NOVE MESI di guerra non è la prima volta che a Kursk qualcosa salta in aria, ma finora le autorità russe avevano detto incidente, e poi sabotaggio. Ieri il governatore non ha avuto dubbi: droni ucraini. Ore dopo, persino il Cremlino ha accusato il colpo: “Risponderemo”, ha detto il portavoce del Cremlino Dimitri Peskov, contro quelli che ha chiamato “attacchi terroristici”.

COME SEMPRE, anche questa volta l’Ucraina non ha ammesso alcuna diretta responsabilità. Lo ha fatto obliquamente, riciclando un motto di spirito nato quando i primi episodi di “sabotaggio” e le prime “misteriose esplosioni” in terra russa facevano alzare pennacchi di fumo: “Molto spesso questi russi fumano dove è vietato”, ha risposto ai giornalisti il ministro della difesa ucraino Oleskiy Reznikov. Il giorno prima, un altro dirigente ucraino aveva scritto su Twitter che la Terra era rotonda e se i russi lanciavano qualcosa contro un paese, non potevano lamentarsi se poi qualcos’altro faceva il giro fino al punto di partenza.

L’ULTIMO EPISODIO di attacco ucraino ha aperto i rubinetti dell’ira sui pur castigati social media russi, dall’anonimo che su Twitter si chiede come sia possibile non tenere bombardieri e caccia protetti sotto buoni tetti di cemento, al veterano di Cecenia e Crimea Igor “Strelkov” Girkin, condannato all’ergastolo in Olanda per l’abbattimento del volo Mh-17 della Malaysian Airlines, che su Telegram ha scritto ai suoi 700mila followers: “Osservando come il nemico realizza i suoi piani strategici con la completa passività delle autorità militari e politiche della Russia, non mi aspetto nulla di buono”. Girkin afferma di essere appena tornato dal fronte ucraino: “Nella maggior parte delle unità delle forze armate della Russia soldati e ufficiali non capiscono per cosa, a quale scopo e con quali obiettivi stanno combattendo”. Non sono i soli a non capire, nelle trincee dell’aggressore come nelle salmerie dell’aggredito.

IERI IL PRESIDENTE ucraino Zelensky è spuntato a sopresa per una visita in Donbass denunciando come milioni di ucraini siano senza energia elettrica, una risposta alla tele-pubblicizzata gita in macchina di Putin sul ponte di Kerch, in Crimea, appena riparato. Il terreno della guerra sono ormai le infrastrutture, e Human Rights Watch ha reso pubblico un rapporto che condanna come “una violazione delle leggi di guerra” – cioè un crimine – la tattica, che la Russia pratica da ottobre, di colpire centrali elettriche e acquedotti: “Prendendo ripetutamente di mira le infrastrutture energetiche critiche sapendo che ciò priverà i civili dell’accesso all’acqua, al calore e ai servizi sanitari, la Russia sembra cercare illegalmente di creare terrore”, dice il rapporto.

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