L’Istat ci informa che l’età media degli italiani si è innalzata a 45,4 anni e che, dal 2019 al 2020, l’Italia ha perso oltre 400 mila residenti per effetto dell’elevato numero di decessi.

Non compensato dalle nascite; queste ultime, anzi, hanno raggiunto il nuovo minimo storico. Le morti per Covid, precisa l’Istat, hanno soltanto accentuato una dinamica già in corso. Infatti tra gli Stati membri della Ue le percentuali più alte di giovani rispetto alla popolazione totale si trovano in Irlanda (20,5%) e in Francia (18%) mentre l’Italia presenta la più bassa (13,2%). Il numero di anziani (persone di età pari o superiore ai 65 anni) con il 22,8% sul totale, dice che l’Italia registra la percentuale più alta (Eurostat 2019). Il Bel Paese si spopola e invecchia. Anche male.

Il calo demografico non può trovare spiegazione nelle migrazioni perché il saldo netto fra emigrazione e immigrazione è responsabile al più del 10% del totale del decremento complessivo. Neppure la carenza, endemica nel Mezzogiorno, di strutture al servizio delle famiglie, come gli asili nido, può spiegare da sola il fenomeno perché la demografia decrescente interessa tutta la penisola anche se è particolarmente accentuata nel Sud e nelle Isole. C’è, dunque, qualcosa di più profondo che ha a che fare con l’anima di un paese che non crede più in se stesso.

Secondo Eurostat al primo gennaio 2020 i nati all’estero erano oltre 15 milioni in Germania (il 18,1% della popolazione), 8 milioni e mezzo in Francia (12,7%) e quasi 7 milioni in Spagna (14,8%). In Italia erano poco più che 6 milioni, pari al 10,3% della popolazione totale, meno anche rispetto a Grecia (12,6%), Cipro (21,6%) e Malta (23,1%), paesi, come il nostro, di prima frontiera per gli immigrati.

L’Istat ora ci dice che 5,2 milioni di immigrati sono ancora stranieri, non hanno cioè ancora la cittadinanza. Sono distribuiti per genere più o meno come gli italiani (le donne immigrate sono il 51,2% mentre le italiane sono il 51,3%) ma hanno un’età media assai più bassa (34,8 anni). Un milione di loro sono minori.

Ce n’è abbastanza per trarre alcune semplici conclusioni. La prima è che riconoscere il diritto alla cittadinanza servirebbe anche a farci ringiovanire. La seconda è che noi dobbiamo accogliere più immigrati, non tanto per allinearci statisticamente agli altri paesi europei o per salvare le nostre pensioni ma per una ragione ancora più elementare: non estinguerci. Le previsioni dicono che nel 2065 gli italiani potrebbero essere 46 milioni contro i 60 che siamo oggi. Ma non basta. Negli stessi anni vi sarebbe anche uno spostamento del peso della popolazione dal Mezzogiorno al Centro-Nord. L’area più settentrionale del Paese ospiterebbe il 71% della popolazione contro l’attuale 66%. Il Mezzogiorno muore, dunque, anche più velocemente. Le previsioni, però, si possono capovolgere; a questo serve la politica.

Ci sono 3,5 milioni di ettari incolti, molti dei quali nel Mezzogiorno, soprattutto in collina e in montagna. Secondo la Coldiretti siamo primi in Europa per numero di giovani addetti all’agricoltura. Evidentemente non basta. Bisogna avere il coraggio di agire per ripopolare il Mezzogiorno e le aree interne, salvare l’Italia da morte annunciata e contribuire alla salvezza del pianeta minacciato dalla crisi climatica.

Nel corso del Settecento e poi nella prima metà dell’Ottocento, gli illuministi si spesero per abbattere il latifondo e la manomorta ecclesiastica che su quello gravava; alla fine dell’ultima guerra la riforma agraria ebbe per obiettivo, attraverso l’imposizione di un limite all’estensione della proprietà privata, quello di affrancare milioni di contadini dal bracciantato per trasformarli in piccoli proprietari.

Oggi si tratta di prendersi cura del territorio per ripopolarlo e renderlo produttivo in senso lato. Come per la riforma agraria viene in soccorso l’art. 44 della Costituzione che assegna alla legge il compito di imporre obblighi, vincoli e anche limiti alla proprietà privata quando questo serva a conseguire il “razionale sfruttamento del suolo” ovvero a stabilire “equi rapporti sociali”. Ecco un compito per la sinistra del XXI secolo. Sottrarre alle manomorte odierne i terreni incolti per riparare l’Italia e rinsanguarla di nuova linfa vitale.