Nei vent’anni abbondanti passati al vertice del potere russo, Vladimir Putin non ha mai usato toni così diretti e così duri verso la Nato. «Quel che sta accadendo, l’aumento delle tensioni in Europa, è tutta colpa loro», ha detto ieri allo stato maggiore delle forze armate riunito al ministero della Difesa: «Se l’occidente proseguirà su una linea aggressiva, adotteremo contromisure tecnico-militari proporzionate. Risponderemo con fermezza a passi ostili. Vorrei sottolineare che siamo pienamente autorizzati a farlo». Non è il linguaggio da caserma usato in pubblico ai tempi della guerra in Cecenia, ma la tendenza è simile e il fatto che Putin oggi avverta Europa e Stati Uniti come una minaccia esistenziale paragonabile alla multinazionale del terrore islamista non è certo una buona cosa. In particolar per i governi europei: nessuno sembra ancora pienamente consapevole dello stato delle cose.

SU UNA GRANDE MAPPA proiettata alle sue spalle, il ministro della Difesa, Sergeij Shoigu, ha fornito aggiornamenti sulla crisi in corso in Ucraina. Compresa la presenza lungo il fronte con la Repubblica di Donetsk di 150 contractor americani che avrebbero a disposizione anche «armi chimiche» – cioè munizioni non convenzionali. Il fatto, se confermato, andrebbe ben oltre le note «linee rosse» che la Russia chiede di rispettare e sulle quali Putin è tornato ieri: «Abbiamo bisogno di garanzie giuridicamente vincolanti, a lungo termine, ma sappiamo bene che non si può credere neanche a quelle», ha detto il capo del Cremlino: «Con una serie di pretesti, come ad esempio la sicurezza nazionale, gli Stati Uniti operano a migliaia di chilometri dal loro territorio, e quando il diritto o gli accordi dell’Onu li ostacolano, dichiarano tutto vecchio e superfluo».

SHOIGU SI È SOFFERMATO su dettagli destinati, questa è l’impressione, alla Nato e agli Stati Uniti, più che ai generali seduti in sala. Come la capacità delle truppe russe di riuscire a muoversi su una linea di 3.500 chilometri dalle installazioni di partenza. Il dossier Ucraina è avvertito, insomma, dalla élite militare putiniana come il pericolo più imminente sul piano della sicurezza. Non è il solo, ma è quello sul quale l’attenzione è più elevata.

QUESTO DIPENDE anche dagli eccezionali sforzi che gli Stati uniti stanno compiendo per mantenere attiva la minaccia. Nel fine settimana le solite fonti anonime legate a qualche agenzia di intelligence hanno rivelato al Washington Post piani che l’Amministrazione americana starebbero studiando per sostenere gli «insorti» ucraini nel caso di un’invasione russa, sull’esempio di quanto avvenuto in Afghanistan negli anni Ottanta e più di recente in Siria. È un paragone che dovrebbe avvilire il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, che ha fatto dell’ingresso nella Nato il punto centrale del suo mandato, sia per l’ipotesi di vedere i soldati del suo esercito degradati allo status di «insorti», sia per la prospettiva di ricevere dagli Stati Uniti solo armamenti nell’eventualità di uno scontro aperto con la Russia. «Il messaggio alla Russia è che ci sarà un prezzo molto alto per qualsiasi azione contro l’Ucraina», ha ribadito il segretario generale dell’Alleanza atlantica, Jens Stoltenberg, che ha proposto, poi, di convocare di nuovo il Consiglio Nato-Russia «il prima possibile, all’inizio del prossimo anno».

DIETRO ALLE RECIPROCHE minacce, i colloqui sulle «linee rosse» di Putin sono già cominciati, diplomatici americani lo hanno confermato ieri al Financial Times, e in questa fase i russi sembrano avere un leggero vantaggio. Uno dei ragionamenti è il seguente: la Nato è davvero in grado di reggere un ricatto al Cremlino? Sino a che punto i governi dell’Alleanza atlantica vorranno affermare il primato degli affari militari nei loro rapporti con Mosca? La Russia affronta da quasi otto anni un regime di sanzioni particolarmente pesante, sanzioni che hanno avuto, però, conseguenze molto inferiori alle aspettative sul suo sistema economico e politico. Un paio di episodi, indipendenti dalle azioni del Cremlino, hanno ricordato, tuttavia, all’Europa, quant’è importante il ruolo della Russia sul mercato globale. Ieri il prezzo del gas naturale ha raggiunto i 2.150 dollari. A questo livello non era mai arrivato prima.