Dopo due anni di guerra in Ucraina, il ministro della Difesa Guido Crosetto usa il condizionale: «Parrebbe giunto il momento per un’incisiva azione diplomatica perché si rilevano una serie di segnali importanti che giungono da entrambe le parti in causa», ha detto ieri in Parlamento dove si discuteva della proroga degli aiuti militari a Kiev. E ancora: «Le dichiarazioni di diversi interlocutori russi evidenziano una lenta e progressiva maturazione di una disponibilità al dialogo per porre fine alla guerra. In Ucraina il fronte interno appare meno compatto che nel passato nel sostenere la politica del presidente Zelensky».

Nel frattempo, ha detto Crosetto, «il nostro sostegno all’Ucraina resta forte e totalmente inalterato, sarebbe un errore strategico e politico drammatico fare un passo indietro ora». Nel dettaglio, il ministro ha ricordato che l’Italia ha inviato, a dicembre, l’ottavo pacchetto di aiuti, con «sistemi d’arma volti solo e soltanto a rafforzare le capacità difensive dell’Ucraina».

Le votazioni sulle risoluzioni presentate a Camera e Senato hanno segnalato ancora una volta il largo sostegno dei partiti all’invio di armi a Kiev. La novità rispetto ai passaggi precedenti è stata l’astensione del Pd sulla mozione del governo (in passato avevano votato a favore) e l’astensione sulle mozioni di M5S e Sinistra-verdi, contrarie invece all’escalation militare. Di fatto, i dem hanno votato solo per la loro mozione, ma i falchi atlantisti (Guerini, Quartapelle e Madia) hanno sentito il dovere di votare anche il testo del centrodestra e contro quello dei grillini.

«Sono stato coerente con quanto ho sempre fatto da ministro», ha spiegato Guerini. Dissensi anche in Senato, dove 6 dem (Dario Parrini, Filippo Sensi, Pier Ferdinando Casini, Simona Malpezzi, Tatiana Rojc e Valeria Valente) hanno votato la mozione della maggioranza.

Nei fatti, anche la mozione Pd votata da tutto il partito prevede di continuare a inviare armi, e dunque politicamente non c’è una grande novità. Ma questo smarcamento dal governo sull’Ucraina ha fatto storcere il naso a renziani e Calenda, che ha attaccato: «Il Pd si è astenuto sulla vergognosa risoluzione pro-russa del M5S. Se anche la linea di politica estera inizia a cedere ai diktat di Conte vuol dire che la trasformazione in partito populista è irreversibile».

In casa Pd l’ala sinistra festeggia la piccola sterzata. «Per noi i la priorità è l’iniziativa diplomatica, siamo distanti da un governo inerte», dice Artuiro Scotto. Il responsabile Esteri Provenzano respinge le accuse dei centristi: «La parte del testo del M5S che chiedeva lo stop alle armi non è stata messa ai voti, in quanto decaduta dopo che la nostra e quella della maggioranza erano state approvate. Dal Terzo polo bugie e ricostruzioni surreali». Quanto al testo delle destre, dice Provenzano, «ci siamo astenuti perché non credibile sugli impegni diplomatici, su cui Crosetto è stato elusivo, e manchevole della condanna ai veti di Orban».

In casa dem ricordano che lo scorso anno sull’invio di armi ci furono un contrario e tre astenuti. Ieri solo Susanna Camusso, in Senato, si è astenuta sui punti della risoluzione Pd che prevedevano l’invio di armi. I dem hanno accusato il governo. «L’Europa manca e manca un protagonismo dell’Italia», ha detto alla Camera Stefano Graziano. «Ci asteniamo perché dal governo non c’è una posizione di netta di condanna rispetto all’atto dissennato di Orban, che ha bloccato 50 miliardi di aiuti all’economia ucraina», ha raggiunto Alessandro Alfieri in Senato, assicurando che, in ogni caso, il decreto che prolunga gli aiuti (anche militari) per tutto il 2024 avrà il voto favorevole del Pd quando arriverà in aula. Il governo, per votare il testo Pd, ha chiesto di eliminare i riferimenti polemici all’Ungheria.

Critiche a Crosetto da Nicola Fratoianni: «Oggi, dopo due anni, la scelta dell’escalation militare ha dimostrato che non aiuta a terminare la guerra, ma allunga le tragedie. Dove sta l’iniziativa diplomatica?». E ancora, in riferimento alla mancanza di sanzioni verso i crimini di Israele a Gaza: «Se il diritto internazionale è l’unica bussola, lo sia dovunque». Duro anche Conte: «L’unica via d’uscita e’ il negoziato, invece c’è un governo supino alla logica bellicista di Washington».