Dopo una settimana di violente incursioni nel campo profughi di Aqabat Jaber e di blocco della città di Gerico, domenica notte truppe israeliane hanno ucciso cinque palestinesi con un raid massiccio nell’area simile a quello compiuto alla fine del mese scorso a Jenin. Sono almeno 40 i palestinesi caduti sotto il fuoco di forze israeliane dall’inizio dell’anno. Sette israeliani, il giorno dopo l’attacco al campo profughi di Jenin, sono stati uccisi da un palestinese che ha aperto il fuoco in strada a Neve Yaacov, un insediamento a nord di Gerusalemme.

Gli uccisi ad Aqabet Jaber sono Adham Aweidat, 22 anni, Thayer Aweidat, 28, Malik Lafi, 22, e due fratelli: il 21enne Raafat Aweidat e il 27enne Ibrahim Aweidat. Tutti e cinque erano membri di Ezzedin Al Qassam, il braccio armato di Hamas. Il movimento islamico ha promesso che saranno vendicati. I comandi israeliani hanno preso i corpi degli uccisi. Affermano che due di loro all’inizio della scorsa settimana, a pochi chilometri da Gerico, avrebbero sparato contro un ristorante frequentato da coloni israeliani: l’attacco non ha fatto vittime. Arrestati anche due giovani feriti. Gerico ieri sera era ancora circondata dall’esercito. A 500 abitanti ieri mattina non è stato consentito di raggiungere il lavoro negli insediamenti coloniali.

Le cinque uccisioni sono state condannate anche dal presidente dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), Abu Mazen. «I crimini di Israele sono incoraggiati dal silenzio della comunità internazionale», ha protestato. La posizione di Abu Mazen si complica con il passare dei giorni. E si intensificano le pressioni statunitensi affinché condanni l’attentato che ha ucciso sette israeliani e riprenda la cooperazione di intelligence con lo Stato ebraico (gli Usa finanziano 2/3 circa del budget degli apparati di sicurezza dell’Anp).  Dalla recente visita del segretario di stato Antony Blinken a Ramallah, Abu Mazen ha ricavato solo un paio di dichiarazioni del segretario di stato a sostegno della soluzione a Due Stati.

Mentre, durante i colloqui, Abu Mazen puntava il dito contro le incursioni israeliane nei centri abitati palestinesi, il segretario di stato e il suo entourage hanno addossato la responsabilità della situazione proprio all’Anp che avrebbe allentato la stretta di sicurezza su città, villaggi e campi profughi della Cisgiordania. Blinken, secondo il giornale online Axios, avrebbe spiegato che non agire vorrebbe dire lasciare il terreno libero ad una terza Intifada palestinese. Più di tutto ha provato ad imporre un piano di sicurezza statunitense, che porta il nome del generale Michael Fenzel, volto a ristabilire il controllo dell’Anp sulle città di Jenin e Nablus, le due roccaforti della resistenza armata palestinese.

Il piano Fenzel prevede l’addestramento di una forza speciale dell’Anp da schierare contro i gruppi armati palestinesi a Jenin e Nablus. Di fatto è una riedizione del programma di formazione di reparti speciali dell’Anp curata quasi venti anni fa dal generale Usa Keith Dayton allo scopo di mettere fine alla seconda Intifada, la condizione posta a quel tempo da Israele per interrompere l’offensiva Muraglia di difesa in Cisgiordania. Il piano Fenzel, rivela Axios, non chiede alcuna concessione a Israele. Abu Mazen avrebbe replicato che l’Anp non può prendere di giorno provvedimenti repressivi in Cisgiordania mentre di notte Israele uccide palestinesi.

Secondo indiscrezioni raccolte il 3 febbraio dal quotidiano israeliano Yediot Ahronot, alti funzionari statunitensi avrebbero offerto al primo ministro Netanyahu un accordo dietro le quinte che include «un’ampia partnership in operazioni segrete in Iran» e a favore della normalizzazione delle relazioni tra lo Stato ebraico e l’Arabia Saudita. In cambio Netanyahu dovrebbe allentare le tensioni nei Territori palestinesi occupati, preservare lo status quo della moschea di Al-Aqsa, fermare l’espansione degli insediamenti coloniali in Cisgiordania e rafforzare l’Anp. Non si conosce la risposta di Netanyahu ma è assai improbabile che il suo governo di estrema destra possa accettare queste presunte richieste Usa, anche in cambio un attacco congiunto all’Iran.