«Abbiamo detto esplicitamente che saremo intervenuti contro contenuti online che hanno il potenziale di provocare comportamenti dannosi offline. Coerentemente con questo approccio, questa settimana abbiamo intrapreso azioni intese ad arginare l’attività della cosiddetta QAnon sul nostro servizio». Così Twitter ha motivato la rimozione dalla sua piattaforma di circa 7.000 account affiliati con la bizantina teoria del complotto che, dai margini della rete, rimbalzando di social in social (tra Twitter, Facebook e YouTube), si è ormai fatta strada nel mainstream, acquistando di popolarità presso gruppi dei sostenitori di Trump, e recentemente sposata anche da candidati repubblicani al Congresso (secondo il New York Times, il numero di candidati repubblicani che potrebbero rappresentare QAnon alle prossime elezioni arriverebbe alla dozzina). Apparso alla vigilia delle elezioni del 2016 (seguite dal tentato attacco a una pizzeria di Washington ritenuta il quartiere generale di un racket pedofilo facente capo a Hilary Clinton), QAnon è il misterioso contenitore dove confluisce un coacervo di trame complottistiche, che vanno dall’antivax, al fantasma del ring pedofilo annidato nella burocrazia della capitale, alla paranoia del Deep State – il moniker usato per descrivere l’ anima nera, autoritaria, del governo federale- che starebbe tramando ai fini di distruggere Trump e che avrebbe ordito anche il Covid-19.

RECENTEMENTE l’Fbi ha annoverato QAnon in una lista di potenziali gruppi terroristici nazionali. In aggiunta ai 7.000 account rimossi dal server, Twitter ne avrebbe nascosti altri 150.000 dal motore di ricerca della piattaforma e dagli aggregatori di «trends», per limitane la diffusione a macchia d’olio. Ed è importante notare che nei loro comunicati, aldilà di del concetto di non voler propagare falsa informazione, i portavoce di Twitter parlano proprio degli effetti dannosi che tale informazione può avere nella realtà, non solo in rete.

«QANON non è parte del discorso politico convenzionale. È una teoria del complotto che promulga affermazioni assurde e accuse senza fondamento sia contro esponenti della politica che contro individui del tutto innocenti», ha dichiarato al ‘Times Alice Marwick, docente di comunicazione alla North Carolina University di Chapel Hill, commentando l’annuncio di Twitter: «Questi account facilitano campagne persecutorie online che va contro i termini d’uso di Twitter. Ma non significa che la loro rimozione blocchi QAnon. Funziona su piattaforme multiple ed è molto abile ad adattarsi ai cambiamenti dell’ecosistema mediatico». Tra i presi di mira da QAnon aldilà della sfera politica sono per esempio casi disparati come il sito di arredamento Wayfair e l’autrice di libri da cucina Chrissy Teigen. Quando, nel 2016, il Pizzagate è stato rimosso da Twitter, Facebook e YouTube, è in breve riaffiorato su TikTok.

SECONDO indiscrezioni di impiegati di Facebook, che hanno però preferito rimanere anonimi, anche la compagnia di Mark Zuckerberg starebbe preparandosi ad annunciare iniziative per arginare la diffusione di QAnon sulla sua piattaforma. Già in maggio, Facebook aveva rimosso un gruppo di pagine e account perché in violazione della politica contro il coordinamento organizzato di falsa informazione. Notoriamente più restio a intervenire sui contenuti della sua piattaforma di quanto lo sia Twitter (che il febbraio scorso ha bandito la manipolazione di fotografie e video), al momento Facebook è l’obbiettivo di un boicottaggio di inserzionisti, battezzato #StopHateforProfit, a cui, il week end scorso, si sarebbe aggiunto anche il nuovo canale streaming Disney Plus e di cui fanno già parte oltre settecento corporation, tra cui Coca Cola e Starbucks.

NON È CHIARO quanto questi boicottaggi -spesso limitati nel tempo- incidano sulle entrare di Facebook. Secondo un sondaggio della rivista Business Insider, il boicottaggio corporate a Facebook è visto favorevolmente dalle fasce di cittadini più liberal e danarosi.