Erhan Arslan è caporedattore della rivista Turkish Policy Quarterly e ricercatore dell’università Koç di Istanbul.

Come arriva il paese a queste elezioni?
La società è stretta in una morsa polarizzante, comune alla storia turca, ma che si è intensificata negli ultimi due anni. Studi dell’università Bilgi rilasciati lo scorso febbraio dicono che tra il 60 e il 70% della popolazione disprezza i sostenitori dei partiti avversari: vorrebbe non averli come vicini, vorrebbe non fare affari con loro, vorrebbe che i propri figli non frequentassero la stessa scuola dei figli di coloro che votano partiti diversi. Li considera una minaccia per il paese.

Tutto ciò come si ripercuote nelle urne?
Impatta pesantemente il clima sociale e cristallizza i blocchi elettorali. Possiamo ipotizzare che i risultati di queste elezioni non si discosteranno molto da quelli visti in occasione del referendum costituzionale del 2017. Storicamente l’elettorato conservatore rappresenta il 60% della popolazione, è lo zoccolo duro che preferisce Erdogan e che non trova nelle opposizioni un’alternativa.

Eppure lo scenario politico è cambiato…
Il neonato partito IYI forse poteva offrire questa alternativa, ma è nato quest’anno e non ha avuto tempo di strutturarsi per rappresentare una minaccia per l’Akp di Erdogan. Con elezioni nel 2019 probabilmente avremmo avuto uno scenario diverso.

Si dibatte attorno al ruolo dell’Hdp nel determinare una maggioranza in parlamento.
I curdi avranno un ruolo fondamentale. Erdogan lo sa e ha attaccato duramente l’Hdp come partito che sostiene il terrorismo, ma lo stato ha smentito questa visione nel momento stesso in cui ha accettato che il partito partecipi alle elezioni e Demirtas sia candidato alla presidenza. Per accedere al parlamento è importante che l’Hdp stia lontano dal nazionalismo curdo e si renda appetibile alle nuove generazioni. Ci sono riusciti nel 2015, questa volta sarà più difficile, ma penso riusciranno a superare la soglia di sbarramento. Ci sono votanti non curdi, della sinistra ortodossa e i liberali, che sosterranno l’Hdp per ragioni strategiche pur di averlo in parlamento, anche se non ne condividono la linea politica. Questi sono voti che contano.

Come viene vista invece la campagna di Demirtas dal carcere?
Essere in carcere non si traduce automaticamente in un guadagno o in una perdita elettorale. Spinse il successo di Erdogan negli anni ’90, incarcerato dopo la lettura di un poema, ma non aiutò ad esempio Ecevit. La base dell’Hdp vota Demirtas a prescindere dal suo status di prigioniero politico. Nello scenario internazionale sta ricevendo una grande attenzione, ma per l’elettorato non è un fattore decisivo.

Quanto pesa invece l’economia in queste elezioni?
È un fattore determinante, ma è difficile dire quale partito ne sarà favorito. L’Akp promuove una narrazione che punta il dito contro forze esterne come responsabili della situazione. Le opposizioni ribattono contestando le responsabilità del governo. Se guardiamo alla storia economica della Turchia, vediamo che ogni volta che la lira si è svalutata almeno del 30%, c’è sempre stato un cambio di governo. Seguendo questa logica, dovremmo presumere che l’Akp abbia perso in partenza, ma non è così, perché è la narrativa che conquista l’elettorato a determinare l’esito delle elezioni. L’Akp preferisce parlare di altro, di sicurezza, dei servizi offerti negli anni, dei grandi progetti che piacciono tanto alla gente, anche se credo meno di quanto facesseo in precedenza.

Erdogan resta il favorito?
La presidenza è alla sua portata già al primo turno, mentre per il parlamento ci sarà battaglia. Se invece si andrà al ballottaggio per la presidenza, ogni scenario è possibile. Un secondo turno è in grado di sparigliare le carte in tavola e rende la previsione di un risultato quasi impossibile. Ad esempio non sappiamo quanto forte sia la tenuta della coalizione tra l’Akp di Erdogan e il Mhp di Bahceli. Inoltre i partiti di opposizione stanno facendo un’ottima campagna, eludendo la trappola di Erdogan e la sua aggressività, un terreno che lo favorisce. La partita è apertissima.