Per la Convenzione costituzionale cilena è iniziato il secondo tempo. E a segnare l’avvio è stata la tormentata elezione della nuova giunta direttiva, chiamata a sostituire dopo sei mesi, come previsto dal Regolamento, quella guidata dalla mapuche Elisa Loncon e dal suo vice Jaime Bassa.

Dopo quasi 20 ore di estenuanti negoziati e colpi di scena, a spuntarla è stata infine, alla nona votazione, un’altra donna: la 39enne indipendente María Elisa Quinteros, esponente dell’Assemblea Popolare per la Dignità (composta da organizzazioni sociali e territoriali della regione del Maule), eletta con i voti degli indipendenti, dei rappresentanti dei popoli originari, del Partito comunista e del Frente Amplio.

DENTISTA E DOCENTE del Dipartimento di salute pubblica dell’Università di Talca, si è imposta, con la maggioranza semplice dei voti (78), su una schiera di nomi apparsi e poi scomparsi nel susseguirsi delle votazioni, come quelli di Ramona Reyes, del Partito socialista, dell’indigeno diaguita Eric Chinga e di un’altra indipendente, Cristina Dorador, fermatasi a 72 voti.

«Sono felice di contribuire alla costruzione di una società che sia più pluralista, in cui sia possibile rispettare le differenze e incontrarsi nel dialogo», ha dichiarato la nuova presidente della Convenzione, a cui Gabriel Boric ha subito garantito «l’appoggio entusiasta» del suo governo.
Un appoggio che è invece completamente mancato sotto la presidenza Loncon, la quale, nel suo ultimo discorso, non ha mancato di rilevarlo: «Purtroppo abbiamo avuto a che fare con la meschinità del potere costituito. Malgrado il mandato costituzionale, il governo uscente è stato un ostacolo».

A completare il trionfo degli indipendenti è stata poi l’elezione come vicepresidente, già alla prima votazione, del medico gay 32enne Gaspar Domínguez, rappresentante degli Indipendenti non neutrali (di centro-sinistra) e uno dei fondatori della Rete dissidente costituente, nata per dare visibilità al tema della diversità sessuale.
E sarà proprio la nuova giunta in mano agli indipendenti ad affrontare la decisiva sfida di promuovere una più efficace partecipazione della cittadinanza, a cui il Regolamento generale riconosce il diritto di presentare le proprie proposte – chiamate “Iniziative popolari di norma” – alla Convenzione, perché siano votate al pari di quelle avanzate dai costituenti.

MA SE LE INIZIATIVE registrate sul portale di Partecipazione popolare della Convenzione sono già oltre 600 – tra cui quella per la rinazionalizzazione delle miniere di rame, oro, argento e litio e quella che raccoglie le rivendicazioni storiche dei movimenti in difesa dell’acqua e dei ghiacciai e per il riconoscimento dei diritti della natura -, la possibilità che vengano incorporate nella futura Costituzione è tutt’altro che scontata: solo le proposte che otterranno, entro l’1 febbraio, 15mila firme provenienti da almeno quattro regioni saranno votate da una delle sette commissioni tematiche. E solo se riceveranno la maggioranza semplice dei voti nella commissione corrispondente potranno passare alla plenaria, che dovrà approvarle con la contestatissima maggioranza dei due terzi.

Ad oggi, a raggiungere le 15mila firme necessarie è stata solo l’iniziativa “Sarà legge”, mirata a garantire i diritti sessuali e riproduttivi di ogni persona, compreso il diritto all’aborto, in base ai principi di autonomia, libertà e dignità. Presentata il 24 dicembre dall’Assemblea permanente per la legalizzazione dell’aborto, ha impiegato solo 5 giorni a raccogliere le firme richieste, provenienti da ben 16 regioni del paese.