Il primo luglio la procura del Cairo non ha fornito alcuna notizia sulla morte di Giulio Regeni né ha dato l’indirizzo domiciliare dei cinque agenti della Sicurezza nazionale indagati dalla Procura di Roma per la morte del nostro giovanissimo connazionale. Anzi, il nuovo procuratore egiziano ha perfino lasciato intendere che Giulio era al Cairo per spionaggio.

È un’autentica beffa per Conte che sperava in buone notizie per poter procedere alla vendita delle due fregate Fremm, per un valore di un miliardo e duecento milioni di euro. Ho la netta impressione che, nonostante questo schiaffo, il governo Conte procederà con la vendita di queste fregate all’Egitto.

Tutto ciò è inaccettabile perché si tratterebbe di una decisione politica cinica, degna della più bieca «real politik». Come si fa a vendere armi pesanti a un dittatore come al-Sisi che ha incarcerato almeno sessantamila oppositori politici? Lo scorso anno l’Italia aveva già venduto armi all’Egitto per un valore di oltre ottocento milioni di euro.

Sono le storie di tanti egiziani a farci capire cosa significhi vivere oggi in Egitto:Khaled Said, Alaa Abd El Fatah, Giulio Regeni, Mahmond Abu Zeid, Patrick Zaki, Sarah Hijazi, chi ucciso per strada dalla polizia, chi detenuto senza motivo e torturato fino a morirne.

Consegnare queste due fregate al regime di al-Sisi vuol dire legittimare uno dei regimi più oppressivi dell’Africa. Questo è puro cinismo:il trionfo del business.

Come non essere d’accordo con i genitori di Giulio Regeni (ai quali va tutto il nostro plauso per il coraggio e la resilienza che hanno dimostrato finora) quando hanno detto: «Questo governo ci ha traditi. Siamo offesi e indignati dall’uso che si fa di Giulio. Lo tirano in ballo ogni volta che c’è un accordo commerciale con l’Egitto come a lavarsi la coscienza».

Siamo davanti al tradimento della famiglia Regeni, ma anche al tradimento del vasto movimento che in Italia è nato per conoscere la verità sulla morte di Giulio.

Ma trovo altrettanto assurdo che un governo che dovrebbe rispettare la legalità, diventi invece, con la vendita di queste armi, un trasgressore della legge. Infatti la legge 185 del 1990 vieta al governo italiano di vendere armi sia a paesi dove i diritti umani sono violati che a quelli in guerra.

Ora l’Egitto è un esempio paradigmatico; uno dei più noti paesi al mondo per la violazione dei diritti umani e un paese in guerra in Libia, fra l’altro contro il governo di Tripoli che l’Italia invece sostiene insieme all’Onu. Infatti l’Egitto sta sostenendo militarmente il generale Haftar, che dopo il fallito tentativo di prendere Tripoli si è ritirato in Cirenaica.

La vendita delle due fregate all’Egitto, accompagnate da forniture belliche future per dieci miliardi, sposta l’asse dell’Italia nel Mediterraneo verso l’Egitto, dove l’Eni ha il mega-giacimento di gas di Zhor (È l’Eni che fa la nostra politica estera!).

Al-Sisi vuole subito le fregate Fremm per contenere nel Mediterraneo la Turchia, alla quale pure noi vendiamo armi. È il vergognoso teatro di questa politica italiana il cui unico scopo è il business: vendere armi a tutti. Un teatro che continua con la finzione dell’embargo delle armi alla Libia.

Di fatto il nostro ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, si è rifiutato di rinnovare l’operazione Sophia, dando inizio insieme ad altri paesi alla missione navale Irini (Pace) per un più serio controllo sull’embargo di armi alla Libia. Siamo proprio noi a vendere armi sia alla Turchia, che le dà poi all’uomo forte di Tripoli, El-Serraj ,che all’Egitto che le dà al generale Haftar in guerra contro Tripoli.

E per di più attrezziamo e armiamo la Guardia costiera libica. È inaccettabile che proprio l’altro ieri, primo luglio, le Commissioni esteri e difesa del Senato, abbiano votato all’unanimità il rifinanziamento delle missioni militari e quindi della Guardia Ccstiera libica .

La denuncia di Oxfam è dura: «Dall’Italia 3 milioni in più alla Guardia costiera libica rispetto al 2019 per uno stanziamento complessivo di 58 milioni per il 2020 e di 213 milioni in tre anni, nonostante le indicibili violazioni dei diritti umani inflitti a migliaia di disperati».

Per tutto questo, l’Italia sarà portata davanti ai tribunali internazionali per crimini contro l’umanità. La politica estera del governo italiano è ormai fatta dai mercanti di armi e dall’Eni.

È ora di cambiare rotta! Il Mediterraneo e i paesi nordafricani hanno bisogno che l’Italia innesti la marcia di una seria politica estera.