All’ultimo momento raggiunto l’accordo tra il ministro dell’interno e la Cancelliera. In attesa di conoscere i dettagli del compromesso, il governo è salvo. La Csu vuole esternalizzazione delle frontiere in Africa e respingimenti.

Angela Merkel e Horst Seehofer avrebbero trovato la quadra tra le due inconciliabili anime dell’Union democristiana. Ma non ci sono particolari sul compromesso raggiunto. Ieri dalle 16 in poi, per ore la cancelliera e il ministro dell’Interno hanno provato a scrivere il compromesso sul controverso Migration-masterplan della Csu. Prima con la mediazione istituzionale della seconda carica dello Stato, poi a porte chiuse nella sede della Konrad Adenauer Haus, quartiere generale Cdu a Berlino.

SUL BRACCIO DI FERRO fra gli eredi di Helmut Kohl e Franz Josef Strauss, Seehofer avevaconcesso altri tre giorni alla cancelliera per sussumere nella «soluzione paneuropea» il respingimento alla frontiera tedesca dei profughi registrati in un altro Paese dell’Ue. «Non mi farò licenziare da una che sta nella cancelleria solo grazie a me», aveva scandito Seehofer alla Süddeutsche Zeitung prima del faccia-a-faccia con Merkel. Mentre da Monaco imbraccia all’improvviso l’estintore l’inflessibile Markus Söder, governatore della Baviera: «La stabilità del governo non è in discussione».

INTANTO LA STAMPA tedesca squaderna in dettaglio i 63 punti del masterplan di Seehofer: 22 pagine, le stesse che proprio il leader della Csu ha presentato al suo partito. Una mossa scontata.

Spiccano gli accordi con i Paesi di origine per riprendersi i profughi espulsi dalla Germania, la costruzione di hot spot supervisionati da Onu e Ue nel deserto del Sahel e la trasformazione di Frontex in polizia di frontiera dotata di uomini e mezzi propri. Si aggiungono alla campagna d’informazione per scoraggiare le partenze, la «ripartizione degli oneri tra tutti ai sensi del regolamento di Dublino» (altrimenti vi saranno «misure interne» unilaterali) e l’implementazione pro tempore dei controlli al confine, con il rimpatrio dei profughi senza documenti e, in prospettiva, il blocco della frontiera anche per chi è provvisto di permesso di asilo rilasciato nell’area Ue.

ANCORA: IL TAGLIO della diaria per i migranti e l’allargamento della detenzione anche fuori dai «centri di ancoraggio» con la creazione di hub di espulsione negli aeroporti tedeschi.

Se oggi la Germania si sveglia senza più maggioranza politica, la procedura istituzionale prevede cinque opzioni. Con una necessaria premessa: la Legge Fondamentale (equivalente alla Costituzione) non fa distinzione tra dimissioni volontarie e revoca delle deleghe. Di conseguenza «Seehofer deve chiedere a Merkel di essere licenziato», rileva Deutsche Welle. In questo caso “Mutti” non può decidere in autonomia, ma deve obbligatoriamente rimettersi alla volontà del presidente della Repubblica, a cui spetta il sollevamento del ministro. A dimissioni avvenute, prima soluzione. La Csu propone un sostituto di Seehofer, purché membro del partito.

ALTRIMENTI, DEVE uscire formalmente dalla Grande Coalizione con Cdu e Spd e rompere il «contratto» sottoscritto in primavera. Tradotto, l’abbandono istantaneo del governo da parte dei ministri bavaresi e fine della maggioranza che sostiene Merkel al Bundestag. A questo punto, si prospetta la seconda soluzione. Cdu e Spd potrebbero provare a far sopravvivere il governo cercando, di volta in volta, l’appoggio dell’opposizione (Verdi, Linke, Fdp e Alternative für Deutschland). Un «Vietnam parlamentare» con maggioranza a geometria variabile e nessuna certezza sulla tenuta per l’intera legislatura. Ipotesi teoricamente possibile quanto decisamente remota, visto che Merkel nel corso delle trattative per la Groko aveva già fatto intendere che preferirebbe il ritorno alle urne a qualunque «governo di minoranza».

TERZA SOLUZIONE sulla carta. La formazione di una Neue Koalition con i Grünen o i liberali al posto dei bavaresi. Erano i partner della «Coalizione Giamaica» affondata a dicembre dal leader Fdp, Christian Lindner. In questo scenario non è automatico che il cancelliere sia ancora Merkel: la casella del premier andrebbe ridiscussa in una nuova tornata di colloqui esplorativi.

LA QUARTA SOLUZIONE è la cancelliera sfiduciata dal Bundestag. Ammesso che ci fosse una nuova maggioranza (vige la «sfiducia costruttiva» che obbliga alla presentazione di un’alleanza parlamentare alternativa a quella cui si intende togliere l’appoggio) i partiti potrebbero superare le divisioni interne e convergere verso un nuovo candidato cancelliere. Nel caso fallisse anche questa opzione, non resta che la quinta e definitiva: lo scioglimento del Parlamento con elezioni anticipate entro due mesi.