Quarantacinque mila euro per una «conciliazione amichevole». Il denaro è stato offerto come risarcimento delle torture nella caserma di Bolzaneto al G8 di Genova dal ministero degli Esteri. La proposta è contenuta in una lettera inviata ieri alla Corte europea per i diritti dell’uomo di Strasburgo. Il governo richiama l’articolo 39 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo e intende chiudere il primo dei due ricorsi presentati a nome di 31 persone contro la mancata punizione dei responsabili delle violenze. E questo nonostante la sentenza di condanna, a 14 anni dai fatti, emessa dalla stessa Corte nell’aprile 2015 a favore di Armando Cestaro in cui si chiede l’istituzione del reato di tortura in Italia. A Cestaro la Corte di Strasburgo ha inoltre assegnato un risarcimento di 45 mila euro, la stessa cifra proposta dal ministero degli Esteri.

Gli stati possono ricorrere alla conciliazione e, se le parti offese sono soddisfatte e la Corte accetta la misura, il caso viene chiuso. Ad esempio, una misura simile è stata adottata nel caso di due detenuti che hanno subìto violenze nel carcere di Asti. Il giudice lo aveva valutato come un caso di tortura, ma non si è mai arrivati a una sentenza perché questo reato non esiste nel nostro ordinamento. Di «tortura» alla scuola Diaz e a Bolzaneto hanno parlato gli stessi tribunali italiani che non hanno potuto condannare penalmente i responsabili accertati a causa della prescrizione.

Sono circa un centinaio i manifestanti che hanno subìto violenze da parte della polizia a Genova nel 2001 e hanno presentato ricorso a Strasburgo per la violazione dell’articolo tre della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, quella che proibisce la tortura e impone una sanzione effettiva per i responsabili. A questo proposito la sentenza Cestaro è esemplare. Oltre al risarcimento, ha chiesto allo Stato di fare vera giustizia sui fatti di Genova. La legislazione penale italiana è stata definita inadeguata e sprovvista di effetti dissuasivi per prevenire efficacemente la reiterazione di possibili violenze poliziesche.

La Corte si è inoltre rammaricata del rifiuto opposto dalla polizia italiana di cooperare con la magistratura per identificare gli agenti protagonisti delle violenze. I giudici europei hanno ribadito la necessità di istituire il reato di tortura in Italia nel rispetto dell’articolo 3 della Convenzione europea. Precisi rilievi che rendono evidente il livello della civiltà giuridica nel nostro paese. Oggi ogni cittadino che intende liberamente esprimere il proprio dissenso può incorrere nelle torture di Genova e sa che i responsabili possono uscirne indenni, mentre si infliggono anni di carcere per reati minori, non certo paragonabili alla tortura.

«La richiesta del governo è dovuta al fatto che è molto alta la probabilità che si arrivi a una sentenza di condanna dello Stato italiano» spiega l’avvocato Emanuele Tambuscio che rappresenta alcuni dei ricorrenti. «La nostra risposta è un deciso no – aggiunge l’avvocato Riccardo Passeggi che difende due vittime tedesche – Non abbiamo bisogno delle elemosine del governo italiano. Nessuno ha mai chiesto scusa per i fatti di Bolzaneto. Lo Stato italiano deve istituire il reato di tortura».

«Si sta giocando una partita truffaldina. È una strategia per limitare i danni di future sentenze come quella Cestaro – sostiene il giornalista Lorenzo Guadagnucci, vittima delle violenze alla Diaz e già componente del comitato Verità e Giustizia per Genova – Anche a me è stato proposto di chiudere la causa in sede civile con una cifra di 40 mila euro in cambio del ritiro del ricorso. Ho rifiutato e lo rifarei. Per risanare il torto fatto a Genova. Bisogna fare una legge contro la tortura che non è quella discussa in Parlamento, prendere provvedimenti rispetto ai condannati che sono in servizio, nessuno dei quali è sottoposto a procedimenti disciplinari o è stato licenziato. Non credo che questo sia il modo in cui un governo serio può uscire da questa vicenda. Dimostra solo l’imbarazzo di una democrazia rispetto a una polizia che non rispetta i suoi principi. In Italia esiste un’idea assurda: che le forze dell’ordine siano speciali e possano derogare ai principi della convivenza che una corte europea giudica necessari».

***Intervista a Marco Poggi, infermiere a Bolzaneto nel luglio 2011