La legge che nel luglio scorso ha introdotto il reato di tortura nell’ordinamento penale italiano non è conforme alla Convenzione Onu e va cambiata.

È quanto raccomandato all’Italia dal Comitato dell’Onu contro la tortura (CAT) che si è riunito ieri mattina a Ginevra e ha ascoltato i rapporti dell’associazione Antigone e del governo italiano (rappresentato dal sottosegretario alla Giustizia Gennaro Migliore, che oggi pomeriggio interverrà per la replica).

La definizione di tortura nella nuova fattispecie è infatti, secondo il rapporteur dell’Uncat, troppo generica e non congegnata per il reato specifico commesso da pubblico ufficiale. E rispetto alle convenzioni internazionali aggiunge elementi (la «crudeltà», il «verificabile trauma psichico», le «condotte plurime») che rendono il reato difficile da dimostrare e prescrittibile.

Ma non solo: il relatore della Commissione si è detto preoccupato del sovraffollamento carcerario che ha superato di nuovo il 120%, ha sollevato dubbi sull’applicazione del regime duro del 41 bis, ha chiesto i dati sui casi di violenza nei confronti dei detenuti (non reperibili), e spiegazioni sull’assenza di provvedimenti disciplinari e penali nei confronti del personale delle forze dell’ordine dopo le violenze di Genova, Napoli e Val di Susa.

Unica nota di apprezzamento, l’istituzione del Garante nazionale dei detenuti, che risponde al Meccanismo di Prevenzione Onu, incarico attualmente ricoperto da Mauro Palma.