Nel pomeriggio di ieri Vladimir Putin, mentre il segretario di Stato Usa Tillerston atterrava in una Mosca piovigginosa, riportava una propria convinzione a Sergio Mattarella in visita: «Tutto ciò ricorda da vicino gli eventi del 2003 in Iraq».

E per sottolineare il carattere provocatorio dell’azione Usa in Siria, si è lasciato andare a un richiamo letterario. Ha citato Il’ja Il’f e Evgenij Petrov nel romanzo “Il mistero delle dodici sedie”: «Vien voglia di dire: Che noia, ragazze mie. Tutto ciò lo abbiamo già visto, lo abbiamo già osservato».

PAROLE CHE IL PRESIDENTE italiano Mattarella, in visita ufficiale in Russia fino a domani, ha accolto senza commentare. Tuttavia è evidente come la posizione italiana che Mattarella ha presentato a Mosca si distingua da quella dei falchi europei e dalla aggressiva posizione di Downing Street.

Mattarella non ha potuto non essere latore della richiesta europea «che Mosca possa esercitare tutta la sua influenza» sull’uso di armi chimiche in Siria ma ha subito aggiunto che l’Italia è per «il principio dell’accertamento delle responsabilità ed è pronta a fare la sua parte sia nel quadro europeo che in seno al Consiglio di Sicurezza dell’Onu».

Del resto l’Italia difficilmente potrebbe sostenere la richiesta di nuove sanzioni che hanno già provocato una forte riduzione dell’export verso la Russia.

Putin ha aggiunto una nota ancora più piccante al menù diplomatico preparato per il suo omologo italiano: ha affermato che Mosca ha informazioni certe sulla preparazione di provocazioni in alcune regioni della Siria, simili all’attacco nella provincia di Idlib.

GLI INCONTRI CHE TILLERSTON avrà oggi a Mosca, sono comunque considerati fondamentali al Cremlino per capire, dietro i fumi delle dichiarazioni ufficiali, quali siano gli obiettivi della Casa bianca. Secondo Kommersant, che riporta le indiscrezioni di una fonte al Cremlino, oggi si potrebbe tenere anche un incontro tra il segretario di Stato e Putin, non previsto dal programma.

AL CREMLINO, del resto, si riterrebbe che tutto il male non sia venuto per nuocere: il raid in Siria avrebbe riaperto un confronto diplomatico, seppur duro e con toni da guerra fredda, che già durante la seconda presidenza Obama si era arenato.

Il Ministero degli Esteri ha emesso un comunicato sull’arrivo di Tillerson che suona di sfida: «Washington, ha dimostrato di desiderare l’egemonia mondiale, che viene giustificata dalle tesi sulla esclusività americana. Dispiace dirlo ma non abbiamo provocato noi un colpo di Stato incostituzionale in Ucraina, non abbiamo acceso noi il falò delle cosiddette primavere arabe».

TILLERSTON HA GIÀ CHIARITO che gli Usa non sono interessati a far rientrare la questione ucraina in una trattativa globale con la Russia: «Non v’è alcun motivo per la revoca delle sanzioni. Le ragioni per imporre le sanzioni sono ancora lì e la situazione in Ucraina e in Crimea non è cambiata», ha affermato.

Se queste sono le premesse, il segretario di Stato arriverebbe in Russia non per trattare ma per un imporre un vero e proprio diktat a Putin che potrebbe prevedere l’introduzione di nuove sanzioni contro Mosca.

Nikki Haley, rappresentante Usa alle Nazioni Unite intervistata dalla Cnn ha ribadito: «Non riusciamo a vedere una Siria pacifica con Assad». Parole pesanti come macigni, che dovrebbero essere ribadite a Sergey Lavrov, capo della diplomazia russa.

Washington tornerebbe a chiedere con forza che Mosca abbandoni Assad, in cambio della possibilità di partecipare poi al piano di ridefinizione degli assetti in tutto il Medio Oriente. Si tratterebbe di un’amarissima medicina, che Mosca non intende certo prendere.

MOSCA SEMBRA AVER TROVATO, in tal senso, una lingua comune con il governo iraniano, convitato di pietra degli incontri russo-americani e bestia nera di Trump sin dal suo insediamento alla Casa bianca.

Gli analisti russi sono concordi nel sostenere che la rinnovata sintonia tra Iran e Russia rafforzi la pur difficile posizione di Assad: «Nonostante la gravità della situazione in Siria, il presidente Assad non teme la sconfitta. Il suo rovesciamento con la forza è impossibile fino a quando a Damasco arriveranno gli aiuti di Russia e Iran», ha dichiarato il presidente di PIR-Zentr, il generale in pensione Evgeny Buzhinsky.

Secondo l’ex militare, «date le circostanze, Mosca potrebbe prendere misure aggiuntive per rafforzare la capacità di difesa dell’esercito siriano». Ipotesi, questa, che suonerebbe a Washington come una vera e propria provocazione.