La sconcertante notizia dei test sugli effetti degli inquinanti da automobili, prima su scimmie, poi anche su cavie umane secondo la denuncia della stampa tedesca, effettuati nel 2014 per conto di un gruppo di aziende tedesche – Volkswagen, Daimler e Bmw – è l’ultimo obbrobrio che parte dell’industria dell’auto sta proponendo ormai da qualche anno.

Da una parte lo scandalo dieselgate per truccare i dati di emissione dei gas inquinanti, che ha visto Volkswagen in primis ma che ha coinvolto anche Fiat Chrysler, e dall’altra la notizia di test di nocività dei gas di scarico sulle scimmie.

Come se ce ne fosse bisogno: la letteratura scientifica sul tema è largamente consolidata e proprio l’anno prima, nel 2013, ne dava ampia testimonianza il rapporto dell’Ufficio europeo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.

La sconcertante notizia dei test sugli effetti degli inquinanti da automobili su scimmie, effettuati nel 2014 per conto di un gruppo di aziende tedesche – Volkswagen, Daimler e Bmw – è l’ultimo obbrobrio che parte dell’industria dell’auto sta proponendo ormai da qualche anno. Da una parte lo scandalo dieselgate per truccare i dati di emissione dei gas inquinanti, che ha visto Volkswagen in primis ma che ha coinvolto anche Fiat Chrysler, e dall’altra la notizia di test di nocività dei gas di scarico sulle scimmie.

Come se ce ne fosse bisogno: la letteratura scientifica sul tema è largamente consolidata e proprio l’anno prima, nel 2013, l’Ufficio europeo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità aveva pubblicato un rapporto di sintesi delle conoscenze (Revihaap Project) proprio per rispondere a 24 (ventiquattro!) domande specifiche che la Commissione Europea aveva posto all’Oms e, in particolare, sugli effetti sulla salute dell’inquinamento dell’aria, in vista delle revisioni normative in materia.

Dunque: già nel 2013 la maggiore autorità mondiale in tema di salute aveva risposto in modo circostanziato a una lunga serie di quesiti sugli effetti dell’inquinamento dell’aria sulla salute umana posti dalla Commissione europea. Perché allora fare esperimenti su scimmie? Forse perché i risultati dell’Oms non sono piaciuti: l’inquinamento dell’aria uccide e il traffico veicolare è una delle principali fonti.

Va qui ricordato peraltro, anche l’Agenzia Europea per l’Ambiente (Eea) già dal 2011 aveva iniziato a pubblicare, le stime della mortalità in eccesso associate all’inquinamento dell’aria, incluse nella valutazione dell’ordine di grandezza dei “costi esterni” dell’inquinamento espressi in termini monetari – ma in buona parte rappresentati da mortalità in eccesso, convertita in danno economico. Questo perché le correlazioni tra le concentrazioni di alcuni inquinanti e la mortalità in eccesso – che colpisce soprattutto le persone anziane con una perdita, in media, di poco più di dieci anni di vita – e altri effetti sanitari come i casi di asma infantile, sono ormai molto consolidati in letteratura.

Nell’ultimo rapporto in materia dell’Eea (Air Quality In Europe, 2017) oltre alle morti premature per l’esposizione alle polveri sottili e all’ozono, sono state aggiunte quelle legate all’esposizione diretta al biossido d’azoto. Insomma, un “esperimento” su cavie umane già è in corso e da decenni: siamo noi che respiriamo l’aria (prevalentemente) inquinata delle città.

E va ricordato che, nell’analisi dell’Eea basata su dati 2014, l’Italia guida la triste classifica europea del peggiore impatto sanitario dovuto all’inquinamento dell’aria – relativamente alla popolazione – con una stima circa 50-60 mila morti premature associate alle polveri sottili, 2900 per l’ozono e un range di 17-43 mila circa per il biossido d’azoto.

Quest’ultimo gas – fortemente associato al traffico veicolare e dei diesel in particolare – è oggetto di una campagna di misure di Greenpeace che ieri ha presentato i dati rilevati davanti a dieci scuole elementari di Palermo – nove delle quali fuori dallo standard Oms; a Milano, Torino era andata persino peggio, i valori rilevati a Roma un po’ meno gravi ma pur sempre troppo alti. E si tratta di dati ancor più preoccupanti perché riguardano l’esposizione di bambini che, assieme agli anziani, sono i più vulnerabili agli inquinanti.

In materia di inquinamento atmosferico l’Italia ha mostrato un ritardo clamoroso nelle politiche – e persino nel fornire i dati di qualità dell’aria al sito dell’Eea cui manca solo l’Italia in Europa – ragion per cui rischia il deferimento alla Corte europea. Una misura da prendere in modo serio è quella della progressiva limitazione dei veicoli diesel in città e la promozione di modalità più sostenibili di mobilità. Non solo, infatti, l’Italia non ha politiche serie per migliorare la qualità dell’aria – cose che coinvolge governi e regioni – ma siamo il Paese con il più alto tasso di motorizzazione e quello in cui il mercato del diesel continua a crescere. Invece, vanno fatte circolare meno auto e vanno progressivamente banditi i diesel. In attesa che l’industria, invece di promuovere esperimenti idioti e crudeli, proponga mezzi di trasporto pubblici e privati a basso impatto.

*direttore esecutivo di Greenpeace Italia