Sui tamponi aveva ragione Andrea Crisanti e la regione Veneto avrebbe dovuto saperlo. Che la sensibilità dei test antigenici fosse inferiore a quella dei test molecolari e pari al 70% – come sostiene Crisanti – era noto almeno dall’ottobre del 2020 e non c’era bisogno delle ricerche del microbiologo e senatore Pd per dimostrarlo. La Regione però non ha mai tenuto conto dei dati emersi dalle ricerche internazionali, a differenza di quanto ha sostenuto per difendersi dall’accusa di aver comprato test antigenici per centinaia di milioni di euro sulla base di valutazioni errate.

Per verificare che molti casi positivi sarebbero sfuggiti ai tamponi antigenici bastava consultare le fonti segnalate dall’Unione europea nelle schede informative sui vari test a disposizione sul mercato già nel 2020. Il primo studio sul test Panbio della Abbott – quello scelto dal Veneto – citato sul sito dell’Ue è stato svolto dai ricercatori dell’università di Madrid e pubblicato il 16 ottobre 2020. Il test antigenico Panbio, secondo i ricercatori, ha una sensibilità del 73%, un valore molto vicino a quello riportato da Crisanti. Pochi giorni dopo, il 20 ottobre, un altro studio compiuto dai virologi dell’università di Utrecht (Paesi Bassi) rivelava che il test aveva una sensibilità tra il 72% e l’81%. In un’altra ricerca dell’università di Namur (Belgio) di poco successiva (gennaio 2021) la sensibilità appare addirittura inferiore, pari al 67,7%. Solo in uno dei test citati nella scheda informativa dell’Unione europea il test dimostra una sensibilità superiore al 90%. Nel complesso, tuttavia, quello che sostiene Andrea Crisanti era già noto alla comunità scientifica nell’ottobre del 2020 e liberamente accessibile attraverso una fonte istituzionale come l’Unione europea.

La versione data dalla Regione di Zaia appare traballante. Per affrontare la seconda ondata di Covid (ottobre 2020 – marzo 2021) la Regione infatti decise di abbandonare la strategia adottata nella prima ondata da Crisanti e basata sui test molecolari. La scelta fu effettuata sulla base del parere del professor Roberto Rigoli dell’ospedale di Treviso, secondo cui l’efficacia dei tamponi antigenici e quelli molecolari sarebbe stata «sovrapponibile». L’affermazione è contestata appunto da Crisanti, che in un ulteriore studio pubblicato sulla rivista Nature Communications nel 2022 ha ottenuto risultati ben inferiori. Ma che l’affermazione di Rigoli fosse quantomeno dubbia sarebbe dovuto essere chiaro già nel 2020 ai tecnici del Veneto. La Regione però non cambiò strategia e tra ottobre 2020 e marzo 2021 registrò quasi ottomila decessi per Covid, contro i circa duemila della prima ondata.

Dopo le rivelazioni di Report, il presidente regionale Luca Zaia ha cercato di ridimensionare lo scontro con il microbiologo descritto dalla trasmissione, negando che ci siano state denunce nei suoi confronti da parte della Regione. «Se fate ricerche di mie dichiarazioni non ne trovate in due anni e mezzo», ha detto da Cortina. «Resta un valido professionista» a cui «non sono mai state negate le risposte e gli investimenti». Solidarietà a Crisanti è arrivata da Nicola Fratoianni dell’alleanza Verdi-Sinistra: «Quando il potere ha paura della scienza e della libertà degli scienziati c’è sempre qualcosa che non va», ha detto. E si è augurato che l’inchiesta sui tamponi vada fino in fondo. Anche secondo Tiziana Basso, segretaria della Cgil del Veneto, le intercettazioni di Report «evidenziano la volontà da parte del presidente Zaia di danneggiare un uomo di scienza che si è sempre battuto per tutelare la salute e la vita delle persone».