Essere trasportati oltre quella linea sottile tra cielo e mare, quell’allucinato chiarore che rappresenta i nostri sogni e le nostre speranze è abbastanza facile seguendo la voce sottile e limpida di Teresa Salgueiro, ex cantante dei Madredeus, qui al suo secondo disco solista, interamente scritto testi e musica (con l’aiuto dei suoi quattro compagni e strumentisti), a segnare la crescita di consapevolezza dell’artista, ispirata per quest’album da una poesia omonima di Fernando Pessoa.

Una dozzina di canzoni, dodici quadri, in gran parte autobiografici, dove Teresa s’inerpica con la sua grazia contagiosa sui sentieri del vento e della luce (A Luz), a piedi nudi in spiaggia tra sabbia e rocce (Maresia), a descrivere il dramma dei migranti (Exodo) seguendo il filo della fisarmonica di Marlon Valente o della chitarra di Graciano Caldeira. Arrangiamenti essenziali, crudi e secchi, che fanno risaltare la grana cristallina del canto di questa interprete straordinaria, cresciuta tra i bar di Alfama e le serate di fado nei locali notturni, oggi diva internazionale che porta in giro l’immagine del Portogallo, in tour europeo che sarà il 9 agosto al teatro romano di Nora in Sardegna.